di Gianluca Virgilio
Leggere un libro spinge a tentare una spiegazione delle ragioni che hanno sovrinteso alla sua scrittura, alla ricerca della sua per così dire necessità e attualità. Così è accaduto a me, cui è giunto tra le mani questo, dal titolo Sud e cultura antifascista, con sottotitolo Letteratura, riviste, radio, cinema, a cura di Raffaele Cavalluzzi, Progedit, Bari, 2009, pp. 219. Raffaele Cavalluzzi, professore di Letteratura italiana presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studi di Bari, ha raccolto gli scritti di otto studiosi, premettendo una breve Prefazione, coll’intento di tracciare un panorama della cultura meridionale e antifascista relativa ad un momento cruciale della nostra storia nazionale: il periodo pre e post-bellico, prima e dopo la caduta del fascismo. Periodo cruciale, dicevo, quello che si apre con la caduta del fascismo il 25 luglio del 1943, e poi, subito dopo, con l’armistizio dell’8 settembre; e ricco di speranze per un futuro migliore, fatto di giustizia e libertà, per dirla con le parole identificanti quel partito di intellettuali che non poco avrebbe influenzato il pensiero politico del dopoguerra, sebbene solo per una breve stagione e senza apparente seguito. Si sa, gli intellettuali hanno la testa per aria e non c’è verso, a torto o a ragione, non lo so, che il popolo li prenda in considerazione. Chi allora aveva vent’anni – ora sono pochissimi i superstiti, ma le testimonianze rimangono in innumerevoli autobiografie – sa a cosa alludo. Penso alla sincerità del sentire e all’entusiasmo di quei giovani, non solo di Giustizia e Libertà, ma anche comunisti, cattolici, e delle varie culture politiche autenticamente antifasciste -, e alla durezza della storia, che passa col suo rullo compressore su ogni progetto di rinnovamento, e lo schiaccia, equiparandolo al non essere di tutte le speranze deluse, di tutte le illusioni perdute.
Che cosa è oggi per noi la cultura antifascista? Avendo perso il suo oggetto polemico storicamente determinato, il fascismo di Mussolini e dei suoi gerarchi della prima e della seconda ora, oggi la cultura antifascista non può che identificarsi con un pensiero libertario e pacifista, contrario alla violenza come strumento di potere; una cultura in cui il senso della giustizia sociale si coniuga con l’insofferenza nei confronti del pensiero unico dominante. Il moderno fascismo non può che essere identificato con l’apparato militare-industriale che tutto ingloba e fagocita, salvo espellere quanto risulta indigeribile. Mantenere una coscienza critica vigile dentro questo sistema, o ai suoi margini, è l’unico possibile modo di far sopravvivere un serio e moderno antifascismo, che diversamente diventerebbe solo una lugubre rievocazione del tempo che fu.