Evidentemente non tutte le specie non indigene vengono per nuocere! Diciamo subito che anche le specie indigene possono giocare ruoli simili a quelli di Mnemiopsis. Il caso più noto è Pelagia noctiluca. Se siete stati punti da una medusa in Mediterraneo, ci sono grandissime probabilità che sia stata lei. Pelagia non è una specie non indigena, ma tre anni di presenze massive di questa specie in Adriatico, negli anni Ottanta, hanno causato bene o male gli stessi danni di Mnemiopsis in Mar Nero. Anche le specie indigene possono alterare negativamente il funzionamento degli ecosistemi. Ovviamente “negativamente” rispetto alle nostre aspettative: noi ci aspettiamo di prelevare pesci dal mare, e se questi finiscono e al loro posto ci sono meduse, per noi il mare è alterato negativamente. Certamente non lo è dal punto di vista delle meduse, felicissime di avere così tante opportunità di nutrirsi. Pare, comunque, che il sopravvento delle meduse sia dovuto ad un’altra specie aliena all’ambiente marino: il terrestre Homo sapiens, noi! Abbiamo evoluto pescherecci sempre più efficienti e abbiamo depauperato le risorse ittiche. Questo significa che i pesci, ridotti di numero, hanno prodotto meno larve e queste sono competitrici delle meduse nel mangiare i piccoli crostacei. Una volta cresciuti, poi, i pesci possono mangiare le meduse. Se togliamo i pesci, lasciamo spazio alle meduse e se loro aumentano danno un’ulteriore colpo mortale ai pesci. Siamo noi ad aver alterato negativamente gli ecosistemi! E poi diamo la colpa alle povere meduse. E siamo noi ad aver portato Mnemiopsis in Mar Nero.
Insomma, il nostro zampino c’è sempre. E siamo sempre stati noi ad aver aperto una connessione tra il Mediterraneo e il Mar Rosso: il Canale di Suez. I due bacini, separati da milioni di anni, sono tornati in connessione e le specie del Mar Rosso hanno iniziato a entrare in Mediterraneo: la migrazione Lessepsiana. Da Ferdinand de Lesseps, l’ideatore del canale. Sono pochissime le specie che, dal Mediterraneo, sono andate in Mar Rosso, mentre sono tantissime, a centinaia, le specie tropicali che sono entrate in Mediterraneo. Alcune di queste specie sono diventate infestanti, come la medusa Rhopilema nomadica, o i pesci del genere Siganus, ma altre sono diventate una risorsa per i pescatori. Potremmo quasi dire che alcune hanno alterato negativamente gli ecosistemi, dal nostro punto di vista, mentre altre no. Le specie che entrano da Suez non sono state portate volontariamente dall’uomo, come è successo per l’ostrica giapponese, importata per essere allevata. Le specie importate per l’acquacoltura possono “fuggire” dagli allevamenti e impiantarsi in pianta stabile, con popolazioni anche grandi. Alcune, come la vongola filippina, sono state introdotte volontariamente per sostituire la vongola verace, in declino per la sovrappesca. Per qualcuno anche le specie che entrano da Suez sono state introdotte artificialmente, visto che il canale lo abbiamo scavato noi, anche se non le abbiamo prelevate dal sito di provenienza per importarle nel nostro mare, come si fa con le specie allevate negli impianti di acquacoltura. Sulle specie entrate da Suez ho un’opinione “divergente” rispetto a quella di gran parte dei biologi marini che, in alcuni casi, chiedono l’eradicazione degli alieni, come avvenne per Caulerpa taxifolia, la famigerata alga assassina (ha qualche tossina che può agire su chi la mangia). Un assassino è entrato da Suez, e non assassina qualche pesce malcapitato, uccide gli umani. Si tratta di un pesce: Lagocephalus sceleratus. Si tratta di una specie tossica: chi la mangia corre il rischio di lasciarci la pelle. Dato che in Mediterraneo non esistono specie di pesci mortali se ingerite, è stata mangiata da chi ha avuto occasione di catturarla, e le conseguenze sono state fatali. Non per niente la specie è scellerata!!! Un tempo anche le vipere erano considerate animali nocivi. E i lupi erano animali malvagi. Ma perché le specie tropicali entrano in Mediterraneo? Il riscaldamento globale sta mandando in crisi gli ecosistemi tropicali, adattati al caldo ma non al troppo caldo. La grande barriera corallina australiana è in profondissima crisi per le temperature troppo elevate. Che fanno le specie quando sono a disagio? Cercano di spostarsi in posti dove le condizioni per la loro vita sono più favorevoli. Le specie tropicali vanno a nord (oppure a sud) spostandosi in acque temperate che, proprio per il riscaldamento globale, stanno diventando più calde: il caldo che piace a loro. Per me queste specie che entrano in Mediterraneo sono rifugiati climatici. Il Mediterraneo sta diventando sempre più caldo, e le specie autoctone vanno in crisi. Le mortalità massive di spugne e gorgonie, per esempio, sono dovute proprio all’innalzamento della temperatura. Quello che per le specie nostrane è un disastro, è invece una benedizione per le specie non indigene di provenienza tropicale. Se non arrivassero loro a sostituire le indigene, i nostri ecosistemi sarebbero impoveriti. Sta succedendo la stessa cosa con gli umani! Il riscaldamento globale sta alterando gli ecosistemi e innesca crisi che, a loro volta, possono generare conflitti. Sono in moltissimi a fuggire da luoghi diventati inospitali e chi fugge cerca rifugio da noi. Per qualcuno sono invasori, per altri sono profughi. Inoltre sappiamo bene che molti di loro entrano nei nostri sistemi produttivi e svolgono lavori che noi indigeni non vogliamo più fare. Tipo raccogliere i pomodori. O lavorare in industrie molto “usuranti”. Certamente, qualcuno di questi profughi sarà “scellerato”, come il Lagocephalus o come Rhopilema, ma altri contribuiscono alla nostra economia. E comunque ci sono “scellerati” anche tra le specie indigene, tipo la medusa Pelagia!Intanto hanno trovato coralli tropicali, quelli che fanno barriere, nel Canale di Suez. I coralli non viaggiano veloci come i pesci, le meduse o le alghe. Ci vuole un po’ per andar lontano. Se si instaurassero formazioni di coralli tropicali cosa diremmo? Che vanno eradicate? Probabilmente no, perché i coralli sono “carini”. I Siganus sono pesci erbivori che mangiano le alghe. In effetti stanno mangiando tutte le alghe del Mediterraneo orientale. Però, ai tropici, i pesci erbivori favoriscono i coralli, mangiando le alghe che competono con i formatori di barriere. Magari i Siganus stanno preparando la strada alle barriere coralline. Le cose stanno cambiando, in Mediterraneo e in tutto il globo. La colpa è nostra. La natura risponde. Le specie che non amano il caldo emigrano dai mari temperati verso i poli, quelle che non amano il troppo caldo emigrano verso i mari che, un tempo, erano temperati. Si formano nuovi ecosistemi. Se guardiamo la storia raccontata dai fossili, vediamo che in Mediterraneo, un tempo, le barriere coralline c’erano eccome. Forse stanno tornando. Sarà un bene o sarà un male? Il mondo evolve, le condizioni cambiano, e l’insieme dei viventi risponde ai cambiamenti. Se i cambiamenti sono dovuti alle nostre azioni (ad esempio il cambiamento climatico) i “cattivi” non sono le specie non indigene che rispondono colonizzando spazi che hanno condizioni ad esse più congeniali di quelle dei siti di origine, i cattivi siamo noi che alteriamo la natura rendendo difficile la sopravvivenza di molte specie. E se le loro reazioni ci creano problemi, dobbiamo capire che si tratta delle conseguenze delle nostre azioni sconsiderate.
[“Villaggio Globale” del 1° giugno 2021]