La Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina

La Facciata

Sulla facciata troviamo: una iscrizione latina sull’architrave della porta nord, una iscrizione latina sull’architrave della porta maggiore centrale in un contesto iconografico nel quale figu­rano anche delle lettere greche, una iscrizione greca sull’architrave della porta sud della chiesa.

Sull’architrave della porta nord è incisa in numeri romani la data “latina” A(nno) D(omini) MCCCLXXXXI, «Nell’anno del Signore 1391», sia che questa debba essere intesa come data della fine dei lavori della chiesa sia che costituisca la data dell’insediamento dei frati della Vicaria della Bosnia. Dal punto di vista documentario è indifferente se la scrittura sia coeva della data incisa oppure (più probabilmente) una reincisione successiva.

Nel rilievo raffigurante Gesù in mezzo agli apostoli, sull’architrave della porta centrale, Gesù stringe nella mano sinistra un cartiglio sul quale è incisa l’iscrizione latina: ego vo|s elegi | ut eatis («io vi ho scelti perché andiate»). La frase è una citazione dalla vulgata latina del Vangelo di Giovanni, 15:16. Nella rappresentazione di Gesù fra gli apostoli M. Mersch e U. Ritzerfeld hanno rilevato una duplice componente latino-bizantina: la scena rappresentata, con l’iscrizio­ne latina sul cartiglio, costituisce una allusione alla missione di latinizzazione religiosa affidata ai francescani, evidentemente avvertita come equiparabile alla missione di proselitismo affida­ta agli apostoli, mentre l’orientamento frontale delle figure richiama modelli bizantini coevi di Costantinopoli.

Fig. 1. Santa Caterina (Galatina), architrave sulla porta centrale.
Gesù fra gli apostoli. (Foto B.V.)

Ma altri elementi di matrice bizantina possono essere rilevati nella figura di Gesù presente nel rilievo. Nell’aureola (o nimbo) cruciforme che contorna la testa di Gesù, al centro di ciascuno dei tre raggi è incisa una lettera greca circondata da punti: nel raggio centrale superiore è incisa la lettera Φ (phi), in ciascuno dei due raggi laterali è inciso un Ω (omega) rovesciato.

Fig. 2. Santa Caterina (Galatina), architrave sulla porta centrale.
Gesù con aureola cruciforme e cartiglio. (Foto B.V.)

Se l’interpretazione degli omega rovesciati presenta margini di incertezza (ma senz’altro essi rimandano alla definizione di Gesù nell’Apocalisse di Giovanni 22:13: «io sono l’alpha e l’omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine»), il phi può essere agevolmente interpretato come ab­breviazione di φ(ῶς) («luce»), secondo la definizione di Dio come ζωή e φῶς («vita» e «luce») che si legge, ad esempio, nel prologo del Vangelo greco di Giovanni, 1:4-9.

Più in alto nella facciata, al centro del timpano triangolare con il quale termina il protiro, subito sotto il rosone centrale, vi è il rilievo che raffigura Cristo morto, disteso in un sarcofago o in un feretro, con le braccia incrociate sul petto, la testa reclinata sulla spalla destra: è l’icono­grafia della Imago Pietatis o del Cristo in pena. Come si sa, l’iconografia della Imago Pietatis ha origine nel mondo bizantino e passa in Occidente nel corso del XIII secolo. Nel Trecento essa diviene spesso l’emblema di istituti di assistenza, di cura e di carità come gli ospedali e, in séguito, i Monti di pegno o di pietà, spesso fondati o gestiti da frati francescani. Pertanto l’Imago Pietatis sulla facciata di Santa Caterina potrebbe essere letta anche come una allusione alla presenza dei frati francescani e alle attività di assistenza e di cura che essi prati­cano (o praticheranno) nell’annesso ospedale in costruzione.

Fig. 3. Santa Caterina (Galatina), timpano sulla porta centrale.
Imago Pietatis. (Foto B.V.)

Per quanto riguarda l’iscrizione greca sull’architrave della porta sud, a nostra conoscenza, il primo tentativo di lettura e interpretazione risale al Sei-Settecento. Ce ne dà notizia Pietro Cavoti che attribuisce ad Alessandro Tommaso (oppure a Silvio) Arcudi la seguente lettura delle prime lettere: ΕΝΤΑΥΘΑ ΕϹΤΙΝ Η ΚΑΙΝΗ, che è stata generalmente intesa come inizio di un testo equivalente al latino Hic est nova Domus Dei et porta coeli, «Qui è la nuova casa di Dio e la porta del cielo». Una lettura che trae ispirazione da Genesi, 28:17, ma che è destituita di ogni fondamento paleografico.

Una svolta nella interpretazione dell’epigrafe si è avuta negli anni ’80 del Novecento con Teodoro Presta, al quale si deve per primo una lettura più attendibile delle prime parole della prima linea, quelle più leggibili: ΕΝΤΑΥΘΑ ΕΣΤΙΝ Η ΚΑΠ(ΕΛΛΑ), «Qui è la cappella …». L’atten­dibilità di questa lettura è confermata dal fatto che il termine καπ(π)έλλα, evidente calco del latino cappella, è attestato anche in testi greci medievali di area siciliana e calabrese.

In questo primo ventennio del nuovo secolo l’iscrizione è passata dalla attenzione degli eru­diti locali a quella di studiosi specialisti del Salento medievale, le già citate Margit Mersch, Ulrike Ritzerfeld e Linda Safran. Tuttavia i loro tentativi di lettura, che non possiamo documentare qui, sono stati compromessi dal presupposto che l’iscrizione facesse riferimento alla chiesa di Santa Caterina nel suo complesso.

Una rilettura da noi effettuata sulla base di nostre osservazioni dirette e di foto digitali ravvi­cinate dell’iscrizione eseguite più volte (agosto-settembre 2020) all’altezza stessa dell’architra­ve, raggiunta mediante una scala fornita dai frati, ci ha portati a proporre questa lettura, edizione e traduzione dell’iscrizione:


Figg. 4-6. Santa Caterina (Galatina). L’iscrizione greca sull’architrave della porta laterale sud.
Foto d’insieme e foto parziali. (Foto B.V.)

È probabile che nella seconda linea il nome di Maria fosse seguito dalla sua epiclesi più nota e ricorrente: [… Μαρίας τῆς θεοτόκου], «… della ✛ santissima / madre e vergine Maria, colei che ha generato Dio».

La “Cappella di Maria”

L’iscrizione greca non recita dunque: «Qui è la chiesa/cappella di Santa Caterina _ _ _» (come era stato supposto), bensì, secondo la nostra lettura: «✛ In questo luogo è la cappella della ✛ santissima / madre e vergine Maria _ _ _». La porta sottostante l’architrave sul quale è stata eseguita l’iscrizione immette nell’ambulacro e nella navata destra della chiesa, nella quale si ritiene che, durante la costruzione della chiesa, sarebbe stata incorporata l’abside di una preesi­stente chiesetta bizantina. L’iscrizione offre la decisiva conferma a questa ipotesi. La redazione in greco dell’iscrizione, destinata alla fruizione della comunità locale di rito greco, potrebbe es­sere spiegata anche come una sorta di tributo culturale-religioso in funzione della sopravviven­za della memoria della chiesetta bizantina divenuta cappella. L’iscrizione indirizza il visitatore che entra dalla porta laterale verso quella che fu la chiesetta bizantina e che, incorporata nella nuova chiesa, è divenuta «la cappella della santissima madre e vergine Maria».

La cappella a cui fa riferimento l’iscrizione deve essere dunque individuata in quella parte mediana della navata destra nella quale è stata incorporata l’abside della chiesetta bizantina, divenuta parte della cappella interna alla nuova chiesa cateriniana. La cappella doveva essere delimitata da muri che sono stati abbattuti successivamente. Lo spazio aveva dunque una sua configurazione unitaria che si rispecchia nella denominazione tradizionale di “Cappella Orsini” con cui essa è spesso individuata. Il carattere ‘mariano’ della cappella è evidente nella tematica degli affreschi che ornano le sue pareti e che narrano storie della vita di Maria: vicende dei genitori Gioacchino e Anna, nascita di Maria, Annunciazione, nascita di Gesù, Circoncisione di Gesù, presentazione al Tempio, fuga in Egitto, ritorno in Palestina, disputa di Gesù con i Dottori del Tempio, deposizione di Gesù dalla croce, morte di Maria (Dormitio Virginis), incoronazione di Maria da parte di Gesù Cristo. Il programma pittorico è ispirato, oltre ai Vangeli canonici e ai temi della iconografia medievale, ai Vangeli apocrifi come il Vangelo dello Pseudo-Giovanni (detto anche Libro segreto di Giovanni), alla tradizione letteraria orientale e occidentale, bizan­tina e medievale sulla Κοίμησις / Transitus sive Dormitio di Maria. In particolare questo riquadro riprende da vicino la tradizione ortodossa della Kοίμησις τῆς Θεοτόκου («Sonno della madre di Dio»), con il Cristo che porta in cielo l’anima della Madonna. In quest’affresco è significativa la presenza dell’Arcangelo Michele che taglia con la spada la mano dell’Ebreo che tenta di violare il letto dove è distesa Maria.

Fig. 7. Santa Caterina (Galatina), navata destra.
Dormitio Virginis. (Foto B.V.)

Un altro notevole tratto bizantino è l’affresco della Deisis nel catino dell’abside, che rappresenta Cristo benedicente, con alla sua destra Maria e alla sua sinistra Giovanni Battista che lo implorano (da cui deisis, «supplica») per la salvezza dei peccatori.

Conclusioni

Tenuto conto di queste apparenti ambiguità nel tessuto architettonico della chiesa, si può anche tentare di attribuire a loro un significato politico. Promuovendo una drastica latinizza­zione religiosa, Raimondello avrebbe rischiato di alienarsi il consenso delle comunità di rito greco in Terra d’Otranto. L’iscrizione greca di Santa Caterina, destinata ovviamente alla comu­nità greca locale (e realizzata non certo per la sola iniziativa delle maestranze ma con il con­senso del committente), può perciò spiegarsi nel quadro di una politica di tolleranza e di equili­brio di Raimondello e della casata nel contesto multiculturale greco e latino del Salento medie­vale.

Alla luce della documentazione precedente possiamo dire che la chiesa di Santa Caterina si presenta come specchio delle principali istanze culturali che convive­vano nella città di Galatina e in Terra d’Otranto nei primi anni del Quattrocento, quella greca e quella latina. Naturalmente queste istanze trovano una diversa realizzazione nel complesso della chiesa, in considerazione della finalità originaria della sua fondazione: la maggior parte degli elementi artistici è ispirata ad una interpretazione “latina” della tradizione cristiana, m gli elementi “bizantini” costituisco­no ancora un pulsante sostrato culturale.

La migliore sintesi storica e dottrinale di questa commistione tra elementi greci e latini si può cogliere nell’affresco comunemente denominato Allegoria della Chiesa, dipinto sulla vela della seconda campata.

Fig. 8. Santa Caterina (Galatina), navata centrale. L’Allegoria della Chiesa.

Al centro, dentro la mandorla mistica, è raffigurato il papa, di aspetto giovanile, con la tiara sul capo e vestito degli abiti pontificali. Alle sue spalle, Cristo sostiene le sue braccia. Queste sono protese verso due figure che rappresentano, alla sinistra del papa, San Pietro che reca le chiavi, e, alla sua destra, San Paolo che ha in mano un libro aperto.

La scena deve essere interpretata nel senso che il papa “riceve” da San Pietro le chiavi e da San Paolo il libro. Il gesto non può essere inteso nel senso che il papa “consegna” le chiavi e il libro, perché questo atto può essere compiuto solo da Cristo, che in effetti lo esegue nelle scene che la tradizione definisce Traditio Legis (raffigurata, come si è visto, nell’architrave della porta centrale) e Traditio Clavium. La scena pertanto può essere letta come la consacrazione del pri­mato del papa, che riceve i simboli del potere ecclesiastico (le chiavi) e della dottrina (il libro), che gli apostoli hanno a loro volta ricevuto da Cristo. Una consacrazione che acquista un signifi­cato solenne perché compiuta simultaneamente e pariteticamente dai due apostoli. L’atto con cui Cristo “sostiene” le braccia del papa vuole significare che egli sostiene la responsabilità che il papa si assume, investito dai due apostoli, che plausibilmente rappresentano la Chiesa d’Oriente e la chiesa d’Occidente.

Il significato simbolico dell’affresco emerge con evidenza se esso viene collocato sullo sfondo degli avvenimenti storici contemporanei. Nel 1431 (negli stessi anni della realizzazione del complesso pittorico) si apriva il Concilio di Basilea che, per i forti dissidi, fu spostato dal papa Eugenio IV prima a Ferrara e poi a Firenze. Uno degli obiettivi del Concilio era quello della ri­conciliazione fra la Chiesa cattolica e quella ortodossa. Il messaggio veicolato dall’affresco offre un modello per far convivere le due Chiese. E tale proposta è perfettamente in linea con il carat­tere multiculturale greco-latino che caratterizza Galatina e la Terra d’Otranto in quel torno di tempo. Un messaggio, bisogna dire, non raccolto, la cui disattesa ha portato alla dolorosa sepa­razione tra mondo ortodosso e mondo cattolico che dura tuttora.

[Resoconto estremamente sintetico di un ampio lavoro che apparirà prossimamente nella rivista Rudiae, pubblicata dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università del Salento.]

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