E’ l’antica condizione del rapporto tra il testo e il lettore, della reciprocità, del coinvolgimento, del rispecchiamento, dell’incontro in un luogo diverso che per un certo tempo accoglie la convivenza di testo e lettore, dove accade un’esperienza di conoscenza nuova o di conoscenza rinnovata. E’ questo che probabilmente determina la permanenza di un testo nella memoria. E’ la sfumatura di un significato che il lettore sente come appartenente in modo esclusivo, che gli cambia la visione del mondo o di se stesso o di una parte del mondo o di una parte di se stesso. A quella sfumatura di significato gli accade di ritornare, e da quella sfumatura comincia la ricostruzione del ricordo. Non dall’inizio o dalla fine o dalla trama o dall’intreccio o dalla tecnica. Ma da una sola frase, una sola parola, una sola scena, una luce, un’espressione. Una sfumatura. L’anima. Forse all’espressione anima del testo si potrebbe associare la parola consistenza. Che si potrebbe intendere come la significatività del rapporto tra il testo e il suo lettore. Solo se c’è consistenza, significatività del rapporto, un libro, un film, un’opera quale che sia restano nella memoria, probabilmente perché la memoria percepisce il bisogno che l’esistenza ha di quell’opera, e allora la seleziona, ne fa una maglia nel tessuto dei ricordi, la mette in relazione e in interazione con altri ricordi, altri significati.
Come tutti i fatti della vita, anche quelli della cultura assumono senso e valore in relazione alla loro consistenza: alla qualità, allo spessore, alla compattezza, alla rilevanza, al valore che assumono nei contesti in cui intervengono, all’immaginario individuale e collettivo che conformano, ai riflessi che riescono a spandere nell’età alla quale appartengono.
Le forme della cultura, le espressioni del pensiero, la pittura, la scultura, la filosofia, la poesia, la narrativa, la musica, il teatro, che costituiscono ancora – più o meno consapevolmente – i nostri elementi di riferimento sono appunto quelli che hanno una consistenza semantica con la quale il tempo che viviamo si confronta e nella quale a volte si rispecchia.
Se Italo Calvino avesse fatto in tempo a scrivere la sesta delle sue Lezioni americane, avrebbe analizzato il nucleo semantico della Consistency e avrebbe assunto a riferimento di base Bartleby lo scrivano di Melville. Si sa soltanto questo. Però si può ipotizzare che come è successo per le lezioni sulla leggerezza, la rapidità, l’esattezza, la visibilità, la molteplicità, anche in quella sulla “consistency” avrebbe individuato quei principi fondamentali per la letteratura del terzo millennio che inevitabilmente si riverberano sul pensiero del millennio.
La Storia dimostra che di un’epoca rimangono quelle espressioni del pensiero che sono state più consistenti. Tutto il resto precipita, inevitabilmente, nel pozzo senza fondo dell’oblio.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 23 maggio 2021]