«Non tutto quello che appare microscopico, o non appare affatto, su una carta geografica è minuscolo davvero. Se prendessimo la carta geografica più grande del mondo e la mettessimo sopra le terre di questo nostro regno, coprirebbe a malapena una metà dei suoi vigneti!» Esattamente questo esempio portò il primo ministro come prova schiacciante per poter proclamare il piccolo regno «Grande».
Ma non cambiamo discorso…
Non appena la Bottiglia soffiata si fu raffreddata, un addetto al controllo di qualità del regno le prefigurò una brillante carriera, scrivendole con un gessetto sul fondo schiena tre lettere sole: V.S.R. E’ così che veniva siglato in abbreviazione: Vino Spumante Reale.
Moltissime bottiglie già fredde e anche quelle ancora calde guardarono la fortunata crepando di invidia.
E’ naturale. Quale delle bottiglie non avrebbe ambito ad ubriacare un monarca e dopo vantarsi dei propri successi vita natural durante?
Da lì a poco la Bottiglia eletta fu riempita col frizzantissimo vino spumante e tappata con un grande, bellissimo turacciolo, una perfetta riproduzione della testa della prima dama d’onore della corte, non soltanto nella forma, ma anche nella sostanza.
Subito dopo sulla Bottiglia fu appiccicata la cosa più importante: l’etichetta, sulla base della quale si doveva apprezzare il suo contenuto.
Quindi, nel turacciolo avvitarono un bulloncino, la cui capocchia rappresentava una perfetta copia miniata della corona reale, coniata in ottone.
E qui ebbe inizio una delle più spaventose e irrecuperabili malattie mentali e psicologiche… Ma intanto, non sviamoci e non corriamo troppo avanti.
Dunque, adesso rimaneva soltanto da avvolgere la Bottiglia nell’elegante mantella rosa plissettata di carta, legarle un piccolo nastro regale e presentarla sul vassoio d’argento reale al banchetto dell’incoronazione.
La Bottiglia incoronata occupò il posto centrale della sontuosa tavola, di fronte al re e alla regina. La regina non piacque per niente alla Bottiglia che, sin dal primo sguardo, valutò la regina come una donna poco attraente, assai piatta e con un’insufficiente rotondità delle spalle. Alla Bottiglia, abbagliata dall’attenzione generale, sembrò che sarebbe potuta diventare anche lei regina, tanto più che il re, Silvaner XII, le gettava occhiate esplicite, piene d’ammirazione e di bramosia.
«Sei adorabile, mio tesoro! Mai avevo visto niente di simile! Una creatura incantevole! Sei, bellezza mia, un concentrato di gioia solare e d’allegria!»
Dicendo così, il re brillo baciò la Bottiglia. Come risposta, al gesto così generoso del Sovrano, seguì un’ovazione calorosa di tutti i produttori e i commercianti di vini.
«Ebbene, mia cara,» – continuò Silvaner XII, divorando con gli occhi la Bottiglia, – «adesso rivolgo soltanto a te tutta la mia reale attenzione!»
Senza indugiare neppure un momento, il re le strappò di dosso lo scialle d’argento, tolse l’anello di fil di ferro e con un abituale movimento si mise a svitarle il suo turacciolo dal collo.
Bum! E il bel turacciolo volò al soffitto. Il vino spumante reale fu versato nei calici. La Bottiglia vuota e decapitata fu portata nella cucina reale ancor prima di pronunciare un brindisi in onore del Sovrano.
Vuota e decapitata la Bottiglia rimase a giacere sino all’alba. E all’alba, al termine del convito d’incoronazione, fu il cuoco reale a raccogliere la Bottiglia.
«E’ sempre una Bottiglia reale. Non si può mica gettare nell’immondezzaio una Bottiglia così bella. Andrà benissimo per l’olio d’oliva.»
La Bottiglia fu riempita e tappata con il suo turacciolo incoronato. Era vero che si trovava soltanto dentro una credenza del cuoco reale, ma questo particolare non servì affatto a raffreddare i suoi arditi intendimenti. Ancor ebbra del successo al palazzo, non smise di esprimere lo scontento per la corte di Silvaner XII e, credendo fermamente nella sua grande vocazione di regnare, si mise a reclutare dei cospiratori. La Bottiglia prometteva una benevolenza regale ai grandi creduloni, boccali di birra, ai tonti assoluti, piatti tondi, agli ottusi sempliciotti, ovali piatti da pesce e alle altre stoviglie cadute in disgrazia, residenti nella credenza del cuoco.
Tutte queste stoviglie erano in disgrazia e veramente offese, in quanto estromesse dal palazzo per incompletezza dei loro reali servizi, dovuta alla loro fragilità naturale e, quindi, alla rottura di qualche loro compagna.
La Bottiglia gettava parole su un terreno a lei favorevole. Diceva di un ritorno trionfale nel palazzo di tutte le stoviglie rimaste scompagnate. I discorsi erano tanto convincenti, da far sentire a tutte il fremito dei servizi reali completi, il suono adulatorio dei bicchierini dignitari, dei flûte-aiutanti di campo e delle stabss-coppe d’onore di corte. La sua morbosa autosuggestione arrivò ad una tale incandescenza convincente, che tutte le stoviglie scompagnate, persino un taciturno vasetto d’argilla, prestarono giuramento di fedeltà alla sediziosa pazza.
I sogni irreali e le possibilità reali fanno venir in mente una spensierata zanzara ronzante mentre viene inghiottita dal rospo. E’ così successe, in grosso modo…
Una volta la moglie del cuoco si dimenticò di tappare la Bottiglia con i resti dell’olio d’oliva. Dentro la Bottiglia aperta entrarono mosche e scarafaggi. La Bottiglia divenne il loro cimitero.
«Che schifo!» – esclamò la moglie del cuoco. «A cosa potrebbe servire adesso questa insudiciata Bottiglia?»
Dicendo così, stava per buttarla nell’immondezzaio, ma, ripensandoci, decise di utilizzare la Bottiglia come recipiente per il kerosene.
Molto presto la Bottiglia, con dentro il kerosene, si trovò in compagnia di una scopa da pavimenti, una paletta e un secchio della spazzatura.
Una posizione umiliante, alimentata da una superficialità mentale, è da sempre un ottimo, fertilissimo terreno per originare e coltivare delle speranze inattuabili. Di esse, tuttavia, continuò a vivere la Bottiglia.
«Sentirete ancora parlare di me, eccome!» – non smetteva di ripetere la Bottiglia. «Chi lo sa, forse proprio a te, scopa, è riservato il ruolo di spazzarmi la strada verso il trono; e a te, paletta, di raccogliere tutto il ciarpame che mi circonda dentro a questo secchio della spazzatura e che io potrei nominare primo ministro vinificatore o procuratore generale del mio regno.»
La scopa e il secchio della spazzatura non vedevano l’ora di prendere parte all’audace colpo di stato. Loro credevano ciecamente in questa possibilità, tanto più che in vita loro già avevano visto dei soggetti simili effettuare rivolgimenti bruschi nei palazzi e diventare dei leader di partiti, degli arbitri delle sorti di diversi paesi, molto più grandi e potenti, di quanto lo fosse il Grande Regno dell’Uva.
A loro parere, Bottiglia, piena del kerosene, poteva benissimo versare il suo contenuto e una scatola di fiammiferi, che aveva aderito nel frattempo al complotto, incendiare il contenuto versato. E chi mai, poi, potrebbe giudicare l’intera faccenda come inverosimile? La storia ha parecchi esempi in cui la presa del potere ebbe inizio da un incendio!
La Bottiglia, però, ebbe meno fortuna. In commercio arrivarono dei bidoni per il kerosene capienti e comodi. La Bottiglia finì in una discarica. E lì, la Bottiglia avrebbe potuto benissimo fare da natura morta agli artisti-grafici per l’illustrazione di alcune pagine della storia mondiale, invece sull’orizzonte apparve un netturbino.
«Caspita! Ma questa bottiglia è intatta. Posso venderla ad un addetto ai carriaggi.»
Tutta nera, imbrattata di pece, la Bottiglia oscillò sotto il carro dell’addetto ai carriaggi sino a che non si consumò la cordicina su cui era stata appesa.
La Bottiglia si trovò in mezzo la strada e poi dentro una chiavica, dove la scagliò la ramazza dello spazzino.
Nessuno sa per quanto tempo vi rimase a giacere.
Il suo turacciolo marcì, la pece si riversò fuori, l’etichetta fu staccata dall’acqua. Vuota e nuda aveva adesso tanto tempo per dedicarsi a riflessioni, ricordi ed amari sospiri. A questo punto, s’intende, non sognò più lo sfarzo del palazzo e il trono. Ma la vita delle bottiglie non dipende affatto da loro! Quindi, non c’è da stupirsi che un giorno… Ma di questo c’è bisogno di raccontare tutti i particolari.
Stando sdraiata ferma nella chiavica e spostata dalle brutte (fetide) acque, la Bottiglia raccontava spesso ai nuovi conoscenti le disavventure della sua vita. Venne ascoltata volentieri dagli abitanti della chiavica: rospi, ortiche, vecchi barattoli di latta, pacchetti vuoti di sigarette, capitati dentro ad opera di uno spazzino.
Un giorno la gazza più curiosa di tutte le gazze curiose sentì la storia della vita della Bottiglia del Grande Regno dell’Uva. Quando la Bottiglia terminò il suo racconto con l’esclamazione «E’ davvero penoso essere una vuota e superficiale bottiglia!» – la gazza osservò: «Ma non è vero! Non si può considerare vuota e superficiale colei che ha piena coscienza della propria vacuità e superficialità! Se ora, tu, Bottiglia, stai facendo i conti col tuo passato del tutto consapevolmente, potresti benissimo, a questo punto, diventare una regina.»
La Bottiglia sorrise amaramente. Non poteva sapere che la gazza non era affatto una gazza, ma la moglie del primo ministro del re. Non sapeva che era morta da tempo la giovane regina e che il re, rimasto solo, era divenuto un povero ubriacone incallito. Come avrebbe potuto sapere che i cortigiani del re si erano scissi in una moltitudine di partiti, tra loro ai ferri corti, ognuno dei quali cercava di proclamare un proprio re.
Il primo ministro era l’uomo più astuto di tutta la corte. Proprio da lui partì la proposta, non senza il becco di quella vecchia cornacchia di sua moglie, di far proclamare la nostra Bottiglia regina.
La cosa piacque a tutti. In quanto tutti, senza eccezione, si immaginavano chiaramente le peculiarità, caratteristiche soltanto di una bottiglia: priva di testa e vuota. Si poteva riempirla di qualsiasi cosa e cambiare i turaccioli secondo l’andazzo della politica interna ed estera.
«Ma non ha né braccia, né gambe!» – dubitò qualcuno dei cortigiani.
«E chi lo saprà mai?» – contraddisse il primo ministro. «A cosa servono le braccia ad una regina, quando il suo regale mantello d’ermellino non ha le maniche. Per quanto riguarda le gambe, ditemi, a chi sarebbe passato mai per la mente di controllare, se sotto il suo mantello una regina ha le gambe?»
«E’ proprio così.» – concordarono i cortigiani e decisero di far sposare il re Silvaner Beone con la Bottiglia, assegnando alla regina un nome sonoro ed onomatopeico di Glu-Glu.
La Bottiglia era stata eretta sul trono regale in modo piuttosto stabile. Dopo la morte del re divenne la vera regina. A nessuno dei servitori, ambasciatori e ancor più alla gente comune passò per la testa che il trono del regno fosse occupato da una Bottiglia, che, secondo l’andazzo politico, veniva riempita ora di fragrante olio, ora di fondi di caffè, ora di trementina.
La regina Glu-Glu, denominata «Saggia», a lungo fu una delle più adatte e più acquiescenti regine del Grande Regno dell’Uva. Lei avrebbe occupato il trono sino a giorni nostri, se non fosse per la sua fragilità naturale.
Quando nel paese si sollevarono le proteste dei viticoltori, la regina Bottiglia fu riempita, a scopo intimidatorio, con acqua bollente e, non sopportando una temperatura troppo alta, crepando, cominciò a perdere acqua da tutte le parti.
Ciò divenne la causa sintomatica del vacillare del potere monarchico. Le proteste si espressero dapprima con agitazioni e poi con una vera e propria insurrezione. Il Grande Regno dell’Uva fu proclamato Repubblica dell’Uva…
Ma a questo punto inizia una nuova favola, che narra di come sulla poltrona del presidente della repubblica fu spinto un signor Altoparlante, che diceva docilmente, con tono autorevole, tutto quel che trasmettevano le stazioni radio, appartenenti a quelli che, a loro volta, avevano insediato sul trono della regina una Bottiglia.
Il presidente Altoparlante risultò essere ancor più opportuno e adatto della regina Glu-Glu, perché lei stava zitta sempre, qualunque cosa succedesse, mentre l’Altoparlante non smetteva di pronunciare dei minacciosi discorsi, tenendo tutti i viticoltori della Repubblica dell’Uva in continua tensione.
Ma se state pensando che così terminò la vita della Bottiglia crepata, vi sbagliate di grosso, davvero.
La Bottiglia, insieme a quel taciturno vasetto d’argilla, era stata condotta clandestinamente in uno Stato neutrale, dove, dopo aver ottenuto asilo politico, era stata riempita di polvere da sparo, in quanto la Bottiglia crepata non era adatta a contenere dei corpi liquidi, ma poteva benissimo essere riempita con i corpi aridi.
L’ex regina Glu-Glu sinora non ha perso le speranze di farsi restituire il trono, pur tramite l’uso della forza bruta.
…Ma per ora s’interrompe la descrizione della vita privata di una Bottiglia che, come tutte le vicissitudini simili, sarà valutata dagli esperti della “Grande Storia” e i cui esiti scoprirete dai giornali e dalla televisione a tempo debito.
(Traduzione dal russo di Tatiana Bogdanova Rossetti)