La bellezza da scoprire dietro finestre da spalancare: il potere dell’arte e della scienza

Innumerevoli sono le finestre, dunque. Alcune già aperte, altre ancora da aprire. Allora si potrebbe anche pensare che sono proprio le finestre ancora da aprire quelle che nei processi di conoscenza provocano un’attrazione più forte, il richiamo più seducente. Sono quelle che promettono nuove visioni, che fanno ipotizzare il dispiegarsi di paesaggi di sapere, la meraviglia di nuovi orizzonti, che probabilmente consentono di orientare lo sguardo su sconosciute realtà oppure l’approfondimento di realtà conosciute. Forse ogni volta che si comprende qualcosa di nuovo, o che si comprende in un modo nuovo qualcosa di antico, accade perché si apre una finestra che non si era aperta prima. Ogni volta che si riformula un significato, che si stabilisce un confronto con un nuovo senso dell’esperienza e delle cose, accade perché si apre una finestra sulla scena delle vicende umane.

Forse si potrebbe pensare che le finestre ancora da aprire sono molte e molte di più di quelle che sono state già aperte. Che le cose da conoscere sono molte e molte di più di quelle già conosciute. Che le esperienze vissute finora dagli uomini  sono molte di meno di quelle che hanno da vivere ancora.

James e Rovelli dicono che ogni visione è parziale, che ogni conoscenza è parziale: quindi sempre incompleta, incompiuta, precaria, sempre esposta alla verifica, alla riconsiderazione, anche alla smentita.

Accade, talvolta, che aprendo una finestra si vedano scene inimmaginate, che impongono di rinunciare a certezze per le quali non si è mai nutrito alcun dubbio, che mettono a soqquadro visioni del mondo e dell’esistenza, stravolgono modi di pensare, disarticolano strutture di idee stratificate, smuovono ragioni e sentimenti radicati, mettono in discussione e in crisi l’esperienza e la conoscenza.  

Per secoli e secoli, gli uomini si sono affacciati alle finestre e hanno visto una terra piatta. Poi, una volta, uno di loro ne aprì una rimasta sempre chiusa e da quella vide una terra che aveva un’altra forma. All’improvviso molte certezze si disintegrarono. Gli attori che recitavano le scene di quel tempo si ritrovarono disorientati, sbalorditi. Scaglie sparpagliate nell’universo. Lo racconta Pirandello, nel modo in cui Pirandello sa raccontarlo,  in “Il fu Mattia Pascal”. 

La scienza, in fondo, è questo: una finestra chiusa che a un certo punto si apre e fa vedere qualcosa che dalle altre finestre aperte prima non si vedeva e che va ad integrare, a modificare, a ridefinire i significati attribuiti al già visto.

Anche l’arte, sostanzialmente, è questo, lo sguardo da una finestra che si schiude lentamente o si spalanca mostrando   una continua trasformazione di espressioni, proponendo un’incessante riformulazione di significati, scomponendo e ricomponendo forme, ridisegnando figure, combinando in modo sempre diverso i colori, le note,  le parole.

Tutta la bellezza della scienza e dell’arte forse è proprio oltre le finestre che sono ancora da aprire. Oltre quelle finestre si avvicendano scene forse mai viste e forse anche più belle di quelle che abbiamo visto e che vediamo. Probabilmente è sempre la rivelazione di una sconosciuta bellezza che ci si aspetta dalla scienza e dall’arte.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di domenica 17 maggio 2021]

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