Il problema è che, come tutte le altre specie, non siamo attrezzati per valutare le conseguenze a lungo termine delle nostre decisioni. Una popolazione di leoni che si insediasse su un’isola di dimensioni limitate ucciderebbe tutte le prede e poi si estinguerebbe per fame. Noi siamo i leoni su quell’isola. Siamo predatori globali e il resto della natura è la nostra preda. I leoni non riuscirebbero a far estinguere la vita, su quell’isola. Resterebbero piccoli animaletti per loro irraggiungibili, e le piante, i batteri, i virus. Dopo l’estinzione dei leoni, annientati dal loro successo nel prendere risorse, quell’isola si riprenderebbe, col tempo evolverebbero altre specie e gli ecosistemi semplificati dai leoni riprenderebbero complessità. Nessuna specie riesce a far estinguere tutte le altre specie: si estingue prima lei. Non ci dobbiamo preoccupare della natura, quindi, ci dobbiamo preoccupare di noi, del futuro della nostra specie. La nostra potenza tecnologica è il nostro peggiore nemico, se la usiamo per attingere risorse dall’ambiente in modo sempre più intenso.
Chi mi rimprovera di mettere l’ambiente davanti alla società e all’economia avrebbe ragione, se davvero lo facessi. A me interessano di più la società e l’economia, rispetto all’ambiente. Solo che società ed economia non possono essere sane se distruggono l’ambiente. L’Unione Europea ha abbracciato il concetto di salute unica proprio per unire la salute di biodiversità ed ecosistemi alla salute dell’economia e della società.
Se è tutto così ovvio, come mai stentiamo a considerare le conseguenze del nostro agire nel lungo termine? Noi siamo consci della finitezza della nostra vita: sappiamo che dobbiamo morire. Mò me lo segno, dice Troisi. Una consapevolezza intollerabile, generatrice di depressione. Per vivere normalmente la dobbiamo rimuovere, e vivere “come se non ci fosse un domani”. Il che ci porta a non preoccuparci delle conseguenze delle nostre azioni nel lungo termine. Tanto, tra cento anni saremo tutti morti. É vero, ma ci saranno i nostri figli, i nostri nipoti. Quelli che rappresentano le Next Generations EU, le Prossime Generazioni. Qualcuno dice: ma perché mi devo preoccupare delle generazioni future? Cosa hanno fatto loro per noi? E quindi vige il “chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza”. Se queste cose andavano benissimo nelle ere pre-industriali, pre-tecnologiche, e pre-globalizzazione, ora sono suicide per la nostra specie. Diventata quel leone sulla piccola isola. Dobbiamo inventare un modo nuovo di rapportarci con la natura. Chiamatelo come volete. Ora è di moda la transizione ecologica. Non è facile, non è detto che riesca. Possiamo anche fare finta di niente e continuare così, probabilmente il nostro tenore di vita privilegiato non sarà così intaccato nell’arco della nostra vita in questa parte del mondo. Ma i segnali sono fortissimi che già lo sia. Basta un virus e va tutto a gambe all’aria.
[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online del 24 aprile 2021]