di Ferdinando Boero
L’innovazione tecnologica risolve problemi che richiedono nuovi approcci, ma le soluzioni non sempre rispondono alle esigenze che le hanno generate. Lo spiega il paradosso di Jevons: il progresso tecnologico che migliora l’estrazione o la produzione di una risorsa porta ad un aumento del consumo di quella risorsa, mettendone a rischio l’integrità. La pesca mostra la fondatezza del paradosso. I pescatori artigianali, con attrezzi a bassa tecnologia, pescavano quantità rilevanti di pesci senza allontanarsi troppo dai porti. Quando gli attrezzi artigianali non hanno più permesso di prelevare risorse sufficienti, l’innovazione tecnologica ha sostituito i remi con i motori, le braccia con i verricelli, i pesci sono stati individuati con i sonar, sono stati refrigerati a bordo, e la catena di distribuzione è stata migliorata. Oggi pescherecci sofisticatissimi prelevano la risorsa (i pesci) in modo efficientissimo, però… non ci sono più pesci. E si realizza il paradosso di Jevons. L’automazione del lavoro per produrre merci in modo efficiente ha conseguenze paradossali: a chi vendiamo le merci prodotte a costi contenuti, se i potenziali compratori hanno perso il lavoro?Abbiamo delocalizzato moltissime produzioni verso paesi dove la manodopera è a basso costo, e ora ci accorgiamo che dipendiamo da questi paesi, e i nostri giovani hanno solo lavori precari e sottopagati. Abbiamo considerato ineluttabile l’inefficienza della gestione dello stato, e abbiamo privatizzato la sanità, le autostrade, l’acciaio e molte altre cose, per accorgerci che anche il privato può essere inefficiente. Pensare che lo stato non sia in grado di far funzionare le cose significa sfiducia nello stato. Poi, quando le cose vanno male, invochiamo lo stato come risolutore dei problemi. Un altro paradosso.