Dovuta quindi all’ingegno creativo di Antonio Bortone, “il Mago salentino dello scalpello”, come ebbe a definirlo il prof. Brizio De Santis, la statua del Fanfulla campeggia nel bel mezzo di una caratteristica piazza, nel cuore del centro storico di Lecce. Ma l’iter della statua per essere collocata in questa piazza è molto più lungo e tortuoso. Scrive in merito Giovanna Falco: “Le traversie di quest’opera non finiscono qui: sono state raccontate da Teodoro Pellegrino in La vera storia del Fanfulla. Durante la lunga permanenza a Firenze, il gesso rischiò di essere distrutto, lo salvò Brizio De Sanctis, preside dell’Istituto Tecnico leccese, che si prodigò affinché fosse trasferito a Lecce. Qui, grazie all’intervento di Giuseppe Pellegrino, grande estimatore di Bortone, nel 1916 la scultura fu donata al Museo Civico di Lecce (all’epoca alloggiato nel Sedile). Rimandata a Firenze per essere fusa in bronzo, nel 1921 fu inaugurata e sul basamento fu apposta la targa commemorativa scritta da Brizio De Sanctis. La statua, destinata originariamente all’atrio dell’Istituto Tecnico, fu collocata nello slargo delle ‘Quattro Spezierie’, di fronte a Palazzo Carafa, poi fu trasferita nel «ridente giardinetto della P. Raimondello Orsini», da dove fu rimossa per essere sistemata lungo il viale principale della Villa Comunale di Lecce. In occasione dell’inaugurazione del Museo del Teatro Romano, avvenuta l’11 settembre 1999, l’Amministrazione Comunale dell’epoca ha deciso di sistemare nuovamente il monumento in piazzetta Raimondello Orsini, collocandolo al centro di un’aiuola.”[2] Grazie ad un sapiente intervento di restyling ora la statua splende di nuova luce. Sempre Giovanna Falco, nel succitato articolo, scrive: “Nel 1913 fu inaugurato in piazza Sant’Oronzo il monumento a Quinto Ennio, che sorgeva di fianco all’inferriata che cingeva la porzione dell’Anfiteatro Romano riportata alla luce in quegli anni. Era formato da «un basamento sul quale si eleva una colonna prismatica ed un’aquila romana poggia sopra fasci littorii»; l’aquila in bronzo si ergeva su una pergamena recante uno scritto del grande poeta romano.” [3] Proprio negli stessi giorni dell’inaugurazione del Fanfulla, infatti, ricorreva il primo centenario del monumento a Quinto Ennio, dovuto sempre ad Antonio Bortone; e infatti Aldo de Bernart, ricordando quell’evento, in una sua plaquette del 2012,[4] si soffermava sulla figura del grande poeta latino Quinto Ennio, pubblicando una foto d’epoca nella quale compare ancora la statua sormontata dall’aquila. Come ricorda Giovanna Falco, “in occasione dell’ultimo conflitto mondiale l’aquila fu fusa per costruire armi”.[5] Stessa sorte capitata a molti altri monumenti di Terra d’Otranto, in alcuni casi orrendamente mutilati. Il monumento, in pietra di Trani, ornato da un fascione in bronzo finemente scolpito, si trova vicino l’Anfiteatro Romano ed è stato molto ammirato e visitato da studiosi ed amanti dell’arte, soprattutto in occasione del doppio evento del restauro del monumento del Fanfulla e dell’anniversario del monumento a Quinto Ennio.
Lo scultore Antonio Ippazio Bortone, nato a Ruffano, dopo la formazione napoletana, si trasferisce a Firenze dove raggiunge la gloria, divenendo uno dei più ammirati artisti italiani dell’epoca. Basti pensare che a Firenze viene chiamato a lavorare alla facciata di Santa Maria del Fiore, per la quale realizza, tra gli altri, le due statue di Sant’Antonino e San Giacomo Minore (1887) e i due bassorilievi di Michelangelo e Giotto (1887), oppure al Michele di Lando (1895), nella Loggia del Mercato Nuovo. Per quanto riguarda le opere salentine, molte sono quelle degne di menzione, fra le quali: il busto di Giuseppe Garibaldi (1867), in marmo, che si trova presso il Castello Carlo V di Lecce; i busti in marmo di Giulio Cesare Vanini (1868), di Francesco Milizia (1872), di Antonio Galateo (1873) e di Filippo Briganti (1875), presso la Biblioteca Provinciale N. Bernardini di Lecce; la statua in marmo di Sigismondo Castromediano (1890), che si trova nel Museo omonimo di Lecce, e il Monumento a Sigismondo Castromediano (1903), nella omonima piazzetta leccese; il Monumento a Francesca Capece (1900) a Maglie; il monumento a Salvatore Trinchese (1907) a Martano; il ritratto di Pietro Cavoti (1912), presso il Convitto Colonna a Galatina, e molte altre.
***
L’estensore di questo articolo ha recentemente pubblicato sulla rivista
“L’Idomeneo” un saggio in cui attribuisce ad Antonio Bortone una statua
inedita, in marmo bianco di Carrara, intitolata The Girl Knitting For
the Front, che si trova nella cittadina di Christchurch, in Nuova
Zelanda, e che viene censita per la prima volta. Attraverso la stampa
neozelandese dell’epoca e un’indagine ad ampio raggio della produzione
bortoniana, dello stile e dei rapporti personali e professionali dello
scultore, ricostruisce la genesi ed il lungo percorso fatto dalla statua.[6]
[1] Aldo de Bernart, Antonio Bortone e la sua casa natale in Ruffano, a cura dell’Amministrazione Comunale, Ruffano, Tip. Inguscio e De Vitis, 2004, pp.5-10.
[2] Giovanna Falco, Fanfulla da Lodi e altre opere leccesi di Antonio Bortone, in http://spigolaturesalentine.wordpress.com/2010/12/30/antonio-bortone-da-ruffano-1844-1938-il-mago-salentino-dello-scalpello/
[3] Ibidem.
[4] Aldo de Bernart, Nel primo centenario del Monumento di Antonio Bortone a Quinto Ennio, Ruffano, Tipografia Inguscio -De Vitis, 2012. Sull’erudito ruffanese Aldo de Bernart, si veda: PAOLO VINCENTI, Aldo De Bernart: Profilo biografico ed intellettuale, in AA. VV., I luoghi della cultura e cultura dei luoghi, In memoria di Aldo de Bernart, a cura di FRANCESCO DE PAOLA e GIUSEPPE CARAMUSCIO, Società Storia Patria, sezione Lecce, “I Quaderni de L’idomeneo”, n.24, Lecce, Grifo, 2015, pp.11-38.
[5] Giovanna Falco, Ivi.
[6] Paolo Vincenti, L’arte commemorativa postbellica. Antonio Bortone da Ruffano e una sua opera inedita, in “L’Idomeneo”, Soc. Storia Patria Lecce- Università del Salento, n.26 -2018, Castiglione, Grafiche Giorgiani, 2019, pp.247-282.