di Guglielmo Forges Davanzati
La pandemia da Covid-19 ha causato un enorme shock economico mondiale durante il 2020, con un calo senza precedenti sia dell’offerta aggregata sia della domanda aggregata. I lockdowns nazionali hanno bloccato la produzione di beni e servizi e interrotto le catene del valore. La contrazione delle entrate delle imprese e la perdita di reddito di molte famiglie hanno abbassato la domanda aggregata. Nel complesso, la riduzione del PIL e dell’occupazione sperimentate nel 2020 sono maggiori rispetto alle contrazioni registrate in seguito alla crisi finanziaria globale del 2007-2008. L’impatto della crisi pandemica è stato particolarmente forte in Italia, già provata dalla lunga stagnazione iniziata con la crisi finanziaria globale. Alla fine del 2019, l’Italia era la principale economia dell’Unione Europea (UE) a non avere ancora recuperato il livello del PIL pre-crisi. E se tra il 2007 e il 2009 l’Italia registrò una caduta complessiva del PIL del 6,3%, nel solo 2020 il crollo del PIL è stato del 9%. Nell’UE, contrariamente a quanto accaduto con la crisi del 2007-2008, le autorità monetarie e fiscali hanno cercato di limitare l’impatto economico negativo della pandemia attraverso l’adozione di una serie di politiche espansive. La Banca Centrale Europea (BCE) ha mantenuto basso il tasso di sconto e ha lanciato il Pandemic Emergency Purchase Program (PEPP), ovvero un programma di acquisto di titoli del settore pubblico e privato nel mercato secondario, non strettamente vincolato dai dati relativi alla popolazione e al PIL degli Stati membri. Questo programma dovrebbe essere completato entro la fine di marzo 2022 e prevede una dotazione finanziaria totale di 1.850 miliardi di euro. L’intervento posto in essere dalla BCE attraverso il PEPP ha ridotto i costi di rifinanziamento del debito pubblico italiano, che a fine 2020 registrava ancora uno spread di circa 110 punti rispetto ai titoli decennali tedeschi. Il Consiglio Europeo ha approvato un pacchetto di interventi fiscali per rilanciare gli investimenti, il cui fulcro è rappresentato dal Next Generation EU (NGEU), che comprende prestiti e sovvenzioni agli Stati membri per un valore rispettivamente di 360 e 390 miliardi di euro.