Leo aveva esordito nella scrittura – ordinata, pulita, consequenziale, ricca lessicalmente, ma sempre chiara, alla portata di un lettore di media cultura – proprio su quelle pagine con due contributi. Il primo, intitolato Malattia come metafora (n. 7, settembre 1994), è una riflessione sul cancro e sulla sua “mitologia”, in margine ad un saggio della scrittrice americana Susan Sontag; il secondo, Il mosaico di Otranto (n. 14, giugno 1996), è un’analisi critica della lettura, per la prima volta unitaria, dell’eccezionale documento musivo operata da Attila Fàj nel 1983 sulla rivista «Conoscenza Religiosa», diretta da Elémire Zolla (autore molto letto e studiato dal Nostro). Già da questi temi trattati s’intuiscono gli interessi di Leo (religione, simbolismo, arte) che, pochi anni addietro, lo porteranno a pubblicare, proprio su questa rivista su cui scriviamo, due articoli: Note sulla simbologia dell’asino (aprile 2015) e Nel mondo del sacro. Le feste, il cristianesimo, il buddismo (maggio 2016).
La strada, accompagnata da studi sempre più numerosi e specialistici, era ormai tracciata, i tempi erano già maturi per quello che diventerà il suo più importante contributo teoretico, ma anche una implicita dichiarazione d’amore/odio per la sua città che, pur possedendo una perla preziosissima, un unicum miracolosamente sopravvissuto nonostante l’incuria degli uomini e delle istituzioni, continuava a sottovalutare; infine, una richiesta d’aiuto agli specialisti – ai quali offriva il suo ampio ed articolato lavoro come personale contributo – perché riprendessero a studiare la chiesetta: su di essa molti erano ancora gli interrogativi a cui bisognava fornire una risposta. Mi riferisco alla pubblicazione del volume S. Maria della Croce (Casaranello). Oltre un secolo di studi su un monumento paleocristiano del Salento (Ed. Grifo, Lecce 2018, pp. 710), ospitato al n. 13 della mia collana di studi «Quaderni di Kèfalas e Acindino». Leo ha preso in esame tutto ciò che era stato prodotto nel mondo in termini di analisi (architettonica, pittorica, musiva) del monumento, a partire dal 1906, quando lo storico dell’arte tedesco Arthur Haseloff lo “scoprì” come paleocristiano (V secolo d.C), retrodatando la sua costruzione di circa mille anni rispetto alle comuni convinzioni degli intellettuali salentini del tempo (De Giorgi, Arditi, Bacile, ecc.), e lo rivelò successivamente alla comunità scientifica europea. Questo lavoro di Stefàno, per la completezza ed accuratezza nell’analisi critica dei punti di vista dei vari studiosi italiani e stranieri, si sta imponendo nel mondo della cultura specializzata come una lettura imprescindibile per tutti coloro che si sono già occupati e si occuperanno del nostro monumento.
Nell’Introduzione egli scrive: «Per il compimento di questo lavoro […] ho dedicato oltre cinque anni della mia vita». Ebbene, essendo stato testimone, in qualità di amico, del suo lungo percorso, posso assicurare che il riferimento è relativo alla “stesura” del lavoro, ma non alla ricerca, che era già iniziata diversi anni prima, sia pure non finalizzata ad un preciso progetto come può essere una pubblicazione, ma al semplice piacere della conoscenza e dello “scavo”, qualità – quest’ultima – in lui molto affinata.
In attesa che prendesse corpo una nuova idea della quale spesso discutevamo, Leo aveva consegnato per la stampa tre contributi che noi potremo leggere nel corso dei prossimi mesi. Sono piccole cose, ma significative per rigore metodologico, oltre che espressione di una volontà che – nonostante Marco Aurelio – era orientata verso il futuro. Il primo, intitolato La Chiesa di Santa Maria della Croce (di Casaranello): un tesoro dell’intero Salento, uscirà all’interno della guida Casarano. Luoghi, Arte, Storia, Letteratura, curata da Fabio D’Astore e Marco Leone, patrocinata dal C.U.I.S. (Consorzio Interuniversitario Salentino), che sarà dedicata alla sua memoria. Il secondo è una recensione al volume Casarano nel Tardo Medioevo (Barbieri Edizioni, Manduria 2020) di Antonio S. Serio, che vedrà la luce sul prossimo numero de «L’Idomeneo», rivista del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento. L’ultimo contributo, André Jacob e Casaranello, sarà consultabile in un volume, già in allestimento, curato dalla sezione leccese della Società di Storia Patria per la Puglia, in memoria di André Jacob, noto paleografo belga, autore di moltissime ricerche in area salentina; tra queste, una importantissima dedicata alle iscrizioni ed ai graffiti presenti nella stessa chiesa di Santa Maria della Croce di Casaranello, intorno ai quali lavorava ancora prima di spegnersi.
Felice viaggio, buono, gentile e caro amico. Quei cieli e quelle stelle della tua e nostra cupoletta, poco regolare ma così preziosa, che ti hanno tanto incantato ed appassionato, ora sono alla tua portata; anzi finalmente si svelano nella loro essenza.
[“Presenza taurisanese” a. XXXIX n. 3 marzo 2021, p. 12]