Certo, sono cose che si dicono ma che non si pensano. Non si sa se la letteratura possa salvare qualcosa nella vita di una creatura, ma di sicuro non può salvare tutti, non può salvare il pianeta, salvarci dall’estinzione. Come fa. Come può essere che un sistema fatto di parole, un’orditura di finzioni, un apparato di simulazioni, possa assumere un compito e una responsabilità di tale importanza. Come fa.
Però, a volte la speranza può anche nutrirsi di illusioni. Così ci si dice che se la letteratura è in grado di modificare i modi di pensare e, soprattutto, di formare nuove coscienze e nuove sensibilità, forse quell’illusione può anche diventare una condizione di realtà. Forse la letteratura può davvero intervenire sui destini dell’umanità, salvarci dal disastro irrimediabile, dall’autodistruzione, dall’annientamento dell’umano. Forse davvero può. Ma a condizione che in ogni contesto e in ogni situazione, in particolare nei luoghi della formazione, si attribuisca a quel sistema di parole un significato diverso, nuovo: anzi, antico: che consiste nella ricerca e nella scoperta di quelle che sono le cose essenziali che coinvolgono l’esistenza. Queste cose essenziali, la letteratura le nasconde nelle storie che racconta, le fa scorrere nelle domande sul principio e sulla fine, sul nostro appartenere a qualcosa, a qualcuno, sulla nostra relazione con noi stessi, con l’Altro. La letteratura può ancora (forse) intervenire sui destini dell’umano se si riconosce che la finzione che sostanzia la sua natura costituisce una rappresentazione della realtà che si può determinare.
Le nuove sensibilità maturano attraverso la combinazione tra le espressioni della memoria e l’analisi delle prospettive. La letteratura è la testimonianza di questa combinazione. Quasi sempre, o probabilmente sempre, trova le sue ragioni, i suoi motivi, i moventi, i presupposti, i pretesti, sui fondali della memoria, ma poi esplicitamente o implicitamente proietta i suoi significati sugli scenari che si profilano all’orizzonte. Questo insegna la letteratura: a vedere oltre mentre si indaga il passato o si osserva il presente, a trasferire i significati in situazioni diverse, a comprendere oggi quello che può succedere domani, o quantomeno a presentirlo, ad intuirlo, a immaginarlo, agevolandolo quando quello che può succedere porta bene, a trovare modi per evitarlo quando porta male. E’ così, con questo metodo, con questa forma di educazione alla previsione, che la letteratura può salvarci la vita, mettere al riparo la terra, scongiurare il pericolo dell’estinzione. Ma il tempo che abbiamo non è molto. Trent’anni, giorno più giorno meno. Allora dobbiamo fare davvero molto in fretta se non si vuole che si faccia troppo tardi. Trent’anni sono un niente nelle faccende del mondo.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 7 marzo 2021]