Mi vaccinerò, quando verrà il mio turno. Nel frattempo, vivo come gli altri, distanziato da tutti, un po’ di più rispetto a prima della pandemia, e quando sento parlare di soldi in TV, mi chiedo come faremo a ripagare i debiti che oggi l’Europa ci consente di contrarre, se già è così difficile estinguere quelli che abbiamo (c’è chi dice che ogni italiano, compresi i 400.000 nati del 2020, abbia sulle spalle una porzione di debito pubblico di 40.000 euro). Immagino il giorno in cui tutti saremo immuni, finalmente guariti. Quello sarà il giorno in cui il creditore busserà alla nostra porta e ci presenterà il conto. Se oggi un banchiere è a capo del Governo, allora ci sarà un ufficiale giudiziario.
C’è stato un tempo in cui le pandemie mietevano milioni di vittime; poi, diventavano malattie endemiche e latenti o sparivano senza far troppo rumore, come erano venute. I sopravvissuti stavano meglio, guadagnavano di più, acquistavano uno spazio vitale maggiore. Questa pandemia, invece, annuncia un esito diverso. Grandi affari già sono in corso: mascherine, vaccini, altro materiale sanitario, ecc. Tutti soldi spesi bene, s’intende, compreso il grande affare del secolo, i soldi prestati. Prestati da chi? Da chi ce li ha, è ovvio! Prestati a chi? A chi non ce li ha, è ovvio! Va da sé che questi ultimi dovranno restituirli, con tanto di interesse. E siccome chi presta è ricco e chi fa debiti è povero, passata la pandemia, i ricchi saranno ancora più ricchi e i poveri ancora più poveri. E’ giusto il ragionamento? I più poveri saranno più ricattabili e dovremo rassegnarci a vivere senza la fantasia così bella e consolatrice di immaginare un mondo migliore, come reietti, a distanza dai nostri simili; continueremo a portare sul viso la mascherina che ci renda irriconoscibili in quanto debitori insolventi. Che vergogna! Ma intanto riavremo la salute (non ci basta?), quella che avevamo prima della pandemia, la nostra nuda vita.
[“Zibaldoni e altre meraviglie” del 19 febbraio 2021]