di Antonio Errico
Non l’arroganza, la supponenza, la presunzione, l’alterigia, la vanità, il narcisismo, la superbia. Ma l’umiltà della scienza. La storia della scienza insegna l’umiltà, dice Naomi Oreskes, che insegna Storia della Scienza e Scienze della terra alla Harward University, in un’intervista su “La lettura” del “Corriere della sera”. Di Naomi Oreskes è appena uscito un saggio con il titolo “Perché fidarci della scienza?”.
Questa è la domanda, dunque: se è possibile fidarsi della scienza. Innumerevoli possono essere le risposte: quanti sono coloro che si pongono la domanda. Ma sarebbe improbabile che qualcuno potesse rispondere che non ci si può fidare. Perché poi sarebbe costretto a dire di chi o di cosa sia possibile fidarsi. La scienza è forse una delle poche, delle pochissime condizioni, delle pochissime realtà e delle forse pochissime prospettive di cui ci si può e ci si deve fidare. Non è possibile farne a meno. La scienza è quella dimensione che ha consentito il progresso, lo sviluppo, il benessere collettivo e soggettivo. Non si può fare a meno di esprimere gratitudine e fiducia. A condizione, però, che la scienza si ponga nei confronti dei fatti, dei fenomeni, delle creature con un sentimento di umiltà. In fondo, la scienza, la grande scienza, ha sempre fatto così. E’ stata umile, ha manifestato i dubbi e le incertezze, ha detto di non essere sicura di riuscire a fare quello che aveva intenzione di fare, e quando poi ci è riuscita non ha rivendicato onorificenze, ma ha continuato a lavorare, a sviluppare i risultati ottenuti. Ha continuato la sua ricerca nell’anonimato di tanti che trascorrono la propria esistenza a studiare una particella misteriosa nel silenzio dei laboratori, a volte neppure sospettando che hanno il semplice grandioso obiettivo di andare al di là dell’acquisito, di oltrepassare le Colonne d’Ercole della conoscenza.
Ma probabilmente più di qualsiasi altro uomo hanno la consapevolezza che non è possibile porre un limite al sapere, che ci sarà sempre, comunque, un’altra realtà da scoprire, una nuova ipotesi da formulare, oppure soltanto una smentita. “La scienza è un processo di apprendimento continuo, una disamina collettiva e trasformativa. Ci si confronta con l’evidenza e si costruisce un consenso attorno a risultati rivedibili”, dice Naomi Oreskes.