Questa lunghissima premessa di stampo medico-militare, mi permette di passare all’area tecnica in cui ho qualche competenza. In questo blog ho lamentato in modo ossessivo la mancanza di temi ambientali nel Programma di Recupero e Resilienza (il PNRR) che risponde alle richieste della Commissione Europea che ci mette a disposizione 209 miliardi con il Recovery Plan, per rispondere alle indicazioni del New Green Deal, nell’interesse delle prossime generazioni di europei (Next Generation EU). Nel momento di fare il governo, ci si è resi conto all’improvviso di quel che predicavo da mesi (ovviamente non perché lo predicavo io: diciamo che finalmente avranno letto le linee guida): i soldi arrivano per realizzare la transizione ecologica e nel PNRR non esiste traccia di attenzione per l’ambiente, identificato dalla Commissione in termini di biodiversità ed ecosistemi. Per riparare questa lacuna, che sarebbe stata esiziale per il PNRR, si è formato il Ministero della Transizione Ecologica e Mario Draghi ha etichettato il suo governo con l’aggettivo “ambientalista”. Non posso che essere pienamente soddisfatto della mossa che mette una toppa a un buco enorme nel Piano predisposto dal governo Conte.
A comandare l’esercito della transizione ecologica è stato chiamato un generale (Roberto Cingolani) che ha dato prova di grande competenza organizzativa. Ora deve organizzare il suo esercito. Chi ha scritto il PNRR ha competenze di tipo economico e ingegneristico-tecnologico, ma è ovvio che manchino competenze in campo ecologico. Una lacuna non da poco per realizzare la transizione ecologica! Nei Ministeri non c’è un esercito di specialisti di scienze della natura (biologi, naturalisti, geologi, ambientalisti) e non basta chiamare un esperto per coprire la lacuna. Bisogna reclutare in fretta e furia un esercito di persone competenti. Sono un professore universitario e in decenni di carriera ho preparato centinaia di giovani che sono diventati esperti di ambiente e, come me, ha fatto una miriade di colleghi. Molti dei nostri laureati sono all’estero, altri lavorano in enti pubblici di ricerca, agenzie e università, pochissimi lavorano nell’industria perché i “sistemi produttivi” considerano la cura dell’ambiente un impedimento e non un valore. Gli uffici ambiente di comuni, province e regioni di solito sono popolati da ingegneri. Esiste un capitale umano su cui il paese ha investito in termini di formazione, senza valorizzarlo, come finalmente si riconosce che meriti. Ho sempre detto ai miei studenti: prima o poi ci renderemo conto dell’importanza dell’ambiente, e prima o poi sarà il vostro turno di contribuire allo sviluppo del paese. Assieme ai giuristi, agli economisti, ai tecnologi. Quel momento dovrebbe essere giunto: se non ora, quando?
[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online del 15 febbraio 2021]