di Antonio Prete
Quando, negato il soffio, le nostre ossa
toccarono terra, niente, amore mio,
era finito. Perché giunse un fresco
amore, giunse con azzurre grida
a rianimarci, e prenderci con sé.
Non era il fuoco, non era la vita,
la vita che poi muore:
era qualcosa che andava crescendo
dinanzi all’infinito.
Quel che avevamo visto galleggiare
ai bordi del dolore
era là, raccolto come in un nido:
da quegli occhi muoveva il rinascente
nostro accordo. Una presenza: ascoltandola
non era cresciuta la morte, e ferma
sulla soglia era la felicità.
Tutta l’erba era nuda:
vi passeggiava, ventosa, la vita.