Manco p’a capa 33. Che cosa dovrà fare il Ministero della Transizione Ecologica (il MTE)

Dal curriculum di chi sarà chiamato ad assolvere a questo compito capiremo, ma non basta. Nei ministeri abbondano giuristi, economisti e ingegneri, mancano gli esperti di natura. Lo dimostrano le versioni del PNRR prodotte sino ad ora, senza capire le indicazioni della Commissione, ignorando parole come biodiversità e ecosistemi, presenti centinaia di volte nei documenti di indirizzo. La persona responsabile della transizione ecologica si troverà con un esercito parzialmente adeguato al compito. Bisognerà assumere un reggimento di specialisti di natura, da affiancare agli economisti, ai giuristi e agli ingegneri che, non vorrei essere frainteso, sono necessari ma non sono sufficienti. 

La prima cosa da fare dovrebbe essere digitalizzare tutto quello che sappiamo su biodiversità ed ecosistemi e realizzare un sistema osservativo che ci permetta di monitorare lo stato della natura in tempo reale. La digitalizzazione è un pilastro del Recovery Fund. Come possiamo valutare il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità se non abbiamo sotto controllo le condizioni dei sistemi naturali? Se le condizioni migliorano andiamo verso la sostenibilità, se peggiorano stiamo sbagliando strada. Questo monitoraggio dovrà guidare ogni decisione, come indicatore del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. La transizione ecologica si basa sulla conoscenza: come possiamo preservare e gestire il capitale naturale se non lo conosciamo? Un obiettivo irrinunciabile riguarda i sistemi formativi: vanno adeguati, inserendo la natura in una cultura snaturata. Ma abbiamo abbastanza cultura per capirlo davvero? Confondiamo ancora ecologi con ecologisti!

[“Il Secolo XIX” del 12 febbraio 2021]

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