Di questo straordinario monumento, vero archivio della storia della nostra città, sono attualmente visibili soltanto alcuni muri in opera reticolata, che tristemente occhieggiano nel cortile del Mercato Coperto. Eppure si calcola che l’edificio avesse un asse di almeno 110 metri; minore di quello di Canosa, che misurava 137 metri, secondo solo all’anfiteatro di Capua, che arrivava a 165 metri, più piccolo soltanto del Colosseo. Nel nord della Puglia unico anfiteatro ben conservato in tutta la sua estensione è quello di Lucera; anche se i restauri eccessivamente ricostruttivi ne hanno in parte modificato la struttura antica, si tratta di un edificio notevole, con l’asse maggiore di 126 metri, che poteva contenere circa 16000 spettatori. Il principale edificio tarentino di età romana doveva dunque avere le dimensioni dell’anfiteatro di Lecce, posto nell’attuale centro urbano dove però, già agli inizi del Novecento, si ebbe il coraggio di lasciarlo in vista, ed oggi è primaria attrazione turistica, in una città che può vantare, unica tra le città dell’Impero, a quattro chilometri di distanza, un secondo anfiteatro, quello di Rudiae, portato alla luce in questi ultimi anni.
Periodicamente a Taranto, da parte di associazioni e di singoli cittadini, si apre un dibattito sulla riscoperta dell’anfiteatro, ma, sempre, come è avvento di recente, questi appelli si spengono nell’arco di pochi giorni. A dimostrare tuttavia che si tratta di una questione seria e di una possibilità reale, nel 2015 anche il Soprintendente Luigi La Rocca (ora svolge la sua opera nella prestigiosa sede di Napoli) si espresse sulla possibilità che l’anfiteatro potesse essere riportato alla luce e che il progetto di valorizzazione fosse realizzabile.
Oggi, in un momento in cui la città del Golfo e le istituzioni sembrano riconoscere con maggiore convinzione il valore della sua storia millenaria, sembra rendersi possibile realizzare un progetto che permetterebbe di creare, nel cuore della città, una grande area archeologica attrezzata, di notevole impatto, capace di attrarre, come succede ad esempio a Lecce, notevoli flussi turistici. Tra il MaRTA ed il bellissimo lungomare, si attiverebbe un percorso che porterebbe i visitatori verso il ponte girevole e la città vecchia con il suo tempio dorico. In questo nuovo spazio sarebbe da prevedere un polo espositivo dove raccontare la vita di Taranto in età romana, caratterizzata dalla convivenza tra gli eredi della antica colonia di Sparta e i coloni inviati da Roma a ripopolarla, una dimensione ancora ignota al grande pubblico ma di grandissimo impatto per comprendere una vicenda di interazione tra culture, e lingue, diverse, che ebbe come scenario la nostra città. Qui potrebbero essere meglio collocati anche i frammenti marmorei del frontone di un tempietto romano, oggi quasi dimenticati nella piazzetta Magna Grecia, di fronte al Lungomare.
Qualcuno potrebbe obiettare che, per realizzare un simile progetto, bisognerebbe demolire l’attuale Mercato Coperto. Non una perdita drammatica per la storia dell’architettura! Sarebbe invece un’opportunità per tanti giovani, da impiegare nelle attività per riportare alla luce e gestire un monumento di tale importanza; lo scavo permetterebbe anche di risolvere numerose questioni ancora aperte sulla topografia antica di Taranto, che hanno sinora animato le discussioni soltanto di un ristretto circolo di studiosi. Forse si potrebbe arrivare a scoprire anche il teatro greco che doveva sorgere in quest’area, appoggiandosi al pendio di Montedoro; da qui, nel 282 a.C., i Tarentini avvistarono le navi romane che avevano violato il patto, e si creò il casus belli della guerra con Roma. Organizziamo un incontro su questo tema, aperto alla cittadinanza, con la partecipazione di storici e archeologi che hanno studiato il problema, come Laura Masiello, Luigi Todisco, Gianluca Mastrocinque, Francesco Grelle, solo per citarne alcuni. L’anfiteatro tarentino, oggi ricordato soltanto dalla omonima via, diventerebbe così il simbolo tangibile della rinascita della città, e della sua capacità di ripensare il suo sviluppo attraverso la Cultura e la Bellezza.
[“La Gazzetta del Salento” del 30 gennaio 2021]