La prima sezione è tratta dal libro Di tanto tempo (Questi sono i giorni), edito da Pensa nel 2010. Si trattava di un volume quasi tematico, basato sullo scorrere del tempo, tributario in larga parte ai classici greci, di cui alcuni testi potevano considerarsi delle riscritture. Un libro “maledetto”, almeno nelle intenzioni, ispirato dai poeti francesi, con delle volute e insistite carambole lessicali e sintattiche, giocato sul paradosso e sul gusto (invero mai venuto meno) dell’eccesso. La seconda sezione del libro viene dal romanzo Neronotte (romanza di amore e morte), edito da Libellula nel 2013, all’interno del quale la narrazione era intervallata da alcune prosette liriche senza titolo (e così sono qui rimaste). Ne ho recuperate alcune, solo quelle che, nel rileggerle, non mi hanno procurato uno spiacevole senso di nausea o, peggio, di andato, stantio, come il pane ammuffito nella credenza. La terza sezione, la più impegnativa, è tratta da La bottega del rigattiere, un libro edito nel 2013 da Lupo. Di quel volume ritengo tuttora apprezzabile la prima sezione che lo costituiva, ovvero Il tempo di Dioniso, una riscrittura in chiave moderna delle Baccanti di Euripide, frammischiata alla vasta letteratura sul tarantismo salentino che si intrecciava, nelle mie intenzioni, col dionisismo e il priapismo bacchico di epoca classica. Questi sono i testi che ho lasciato intatti, senza nessuna modifica, perché, a distanza di alcuni anni, li ritengo ancora validi, almeno per i miei parametri. Di quella sezione del libro venne tratta una versione teatrale. I testi vennero musicati da Michele Bovino e con l’ausilio di un attore, ovvero Antonio D’Aprile, che leggeva sul palco, il gruppo degli Amistade creò un vero e proprio recital, portato in alcuni teatri della provincia. Una esperienza esaltante quanto effimera, che durò davvero l’espace d’un matìn. La bottega del rigattiere era un libro anch’esso diviso in molte sezioni ed io ho recuperato poi la seconda sezione, ovvero Tempo al tempo, avente anche questa a tema il passaggio del tempo e le infinite varianti della sua lettura, o meglio della sua doppia lettura, occidentale e orientale, condizionata cioè dalla visione classica e ciclica ed ebraico-cristiana e lineare. Tanti i referenti culturali di queste prose, impossibile menzionarli tutti. Vi sono poi alcuni testi, fuori sezione, inediti, ma sempre risalenti ai miei esordi poetici. Le ultime liriche sono tratte dalla sezione che dava il titolo al libro, ossia La bottega del rigattiere. Una lingua culta, alta, che si ibrida col linguaggio da osteria, un mix di citazioni e turpiloquio, che spiazza, certo, forse destabilizza il lettore. Molte modifiche sono state apportate ai testi insomma, oggi li scriverei così, si potrebbe dire. E oggi, così, li presento e forse mi rappresentano.
[Premessa di Paolo Vincenti, Al mercato dell’usato (Catalepton), Agave Edizioni, 2021]