La patria è l’infanzia e l’Argentina è parte indissolubile nella biografia di Eliana Attuoni che con 1976 ci lascia lì, a oscillare in bilico sull’orlo dell’abisso. Trattengo il fiato mentre guardo verso la decina di soldati in piedi davanti al letto con le mitragliatrici puntate su di me. Le uniformi verde oliva, i berretti con la visiera sugli occhi, e le loro mani che sembrano stranamente piccole. Nessun rumore, sono dentro una bolla isolante (…)
Dà forma alle sue piccole e grandi ossessioni Eliana Attuoni. Ci chiede di seguirla in luoghi spesso rimossi dal discorso contemporaneo: la malattia, la vecchiaia, la sofferenza. “La vecchiaia non è una battaglia, la vecchiaia è un massacro”, scrive Philip Roth in Everyman. La malattia degenerativa lo è altrettanto, ma nelle storie di Eliana la disperazione trova sollievo nella tolleranza. La responsabilità non è che questo: la coscienza della conseguenza delle proprie azioni.
Andare al cimitero significa recarsi in un posto che ha un suo ordine specifico. Sostituire i fiori, cambiare l’acqua, percorrere la strada per arrivarci, sostare, riconoscere i defunti nel loro passaggio in terra, ricordarne le storie e rinsaldare con l’immaginazione i tasselli mancanti. Un rituale codificato che contribuisce a ridurre l’angoscia della morte e della perdita degli affetti.
Sono album fotografici le storie di Eliana Attuoni. Foto di vite di donne dal passato inquieto: Isabel, Alzira, Emilia. Sullo sfondo una coralità di personaggi, la natura infinitamente prodiga, gli odori delle strade, la città caotica, il giro nelle villa miseria. Un affettuoso tributo al patrimonio antropologico di un Sud America violentemente autentico e affascinante.
I luoghi comuni di Eliana stanno dentro le parole di troppo o a quelle mai pronunciate.
Silvia Carli che adesso era lì, su un paio di tacchi alti quanto la sua insicurezza (…)sedotta dal Professore – un fremito che corre dentro tutto il corpo – e tradita dall’amica. “Weep no more, my lady”, nessuno parla della pigrizia del dolore, di come ci lasci stremati a lungo nel rivedere ogni nostro assetto, là nella giusta via di mezzo, dove non c’è spazio per metamorfosi esagerate (…)
Allora capita che ai luoghi comuni si ritorni piano piano, insolitamente smarriti, talvolta con uno sguardo di sorpresa, molte volte di sollievo e tante altre di rassegnazione.
Eliana Rosa Attuoni è laureata in Storia ed è traduttrice di professione. Nata in Argentina da genitori italiani, ha vissuto per anni la dittatura militare imperante nel Paese e dal 1990 vive in Italia, ad Azzano Decimo (PN). Ha partecipato a svariati corsi di scrittura creativa presso Pordenonescrive, Bottega Errante di Udine e Laboratori di editing con Giulio Mozzi. Diversi suoi racconti sono pubblicati all’interno di antologie.