“La malapianta”, come spiega A.L. Giannone nell’ Introduzione, è un romanzo che, pur nato in un periodo storico caratterizzato dal punto di vista letterario dalla corrente del neorealismo, se ne distacca in realtà, sebbene i personaggi e gli ambienti descritti portino a pensare a quell’epopea di miserabili e a quelle atmosfere di arretratezza e di emarginazione in cui viveva il Sud in quegli anni. Si tratta invece di un romanzo dalle forti connotazioni psicologiche e il malessere che accomuna tutti i personaggi della storia conferisce al libro una connotazione esistenzialistica. “Solitudine, incomunicabilità, inettitudine, alienazione, aridità interiore, nessuno di essi sembra sfuggire a questo ‘male oscuro’”, scrive Giannone facendo riferimento all’opera di Giuseppe Berto, appunto “Il male oscuro”, coeva a quella della Durante. Il romanzo narra la storia della famiglia Ardito ed è ambientato a Melendugno negli anni della Seconda guerra mondiale. A proposito della genesi del libro della Durante, apprendiamo che, nella sua prima versione, esso non incontrò il favore di Elio Vittorini, al quale la scrittrice lo propose in lettura. Purtroppo non si dispone della prima versione, sicché non si può operare un raffronto. Tuttavia appare interessante leggere quanto Vittorini scriveva alla Durante e capire poi come l’autrice abbia fatto tesoro dei consigli del grande scrittore e abbia, non sappiamo se parzialmente o radicalmente, modificato la struttura del libro. “La malapianta” venne insignito nel 1964 del prestigioso Premio Salento, la cui motivazione è riportata in Appendice insieme ad una bella foto che ritrae la giovanissima autrice mentre riceve le congratulazioni di Maria Bellonci , che della giuria faceva parte insieme a Mario Sansone, Bonaventura Tecchi e Sandro De Feo. Nella presente ripubblicazione compare anche una scheda bio-bibliografica della Durante, curata da Simone Giorgino. Inoltre, nell’Appendice, vengono riproposti uno scritto di Massimo Melillo, “In memoriam”, e uno di Francesco Guadalupi, “Un mondo magico e disperato”. La foto dell’autrice che compare sull’aletta di retrocopertina la ritrae col cappello da marinaio in testa e rimanda all’altra grande passione della Durante, quella per il mare e la navigazione, e su questi aspetti intimi ma non meno importanti della vita privata della scrittrice e critica letteraria si sofferma proprio Melillo nel suo commosso ritratto dell’amica e collaboratrice. “La malapianta” proiettò la Durante su una ribalta ben più ampia di quella provinciale e segnò la sua affermazione come scrittrice di vaglia e intellettuale attenta alle problematiche del territorio.
Il libro dunque si allontana dagli schemi collaudati del neorealismo per avvicinarsi al romanzo moderno del Novecento. Soprattutto l’analisi psicologica dei personaggi, le problematiche affrontate, della solitudine e dell’incomunicabilità, di una aridità dei sentimenti che si riflette nel paesaggio stesso teatro della narrazione, e poi il linguaggio usato, che, soprattutto nelle parti descrittive, è abbastanza lirico, sul modello della prosa d’arte novecentesca, come ben chiarito da Giannone; tutti questi elementi insomma, ne fanno un esperimento originale, una scrittura di mezzo, fra la prosa neorealista del dopoguerra e l’avanguardia letteraria della seconda metà del Novecento. Ciò detto, il libro è tutto da leggere, non solo per il suo valore documentario, perché è doveroso conoscere un classico come questo, ma anche perché la fabula è ben congegnata, l’intreccio narrativo avvince e convince.