Particolare autorevolezza viene riconosciuta, nel Regno Unito, alle scelte del dizionario Collins. Ecco le parole che, secondo il Collins, meglio di altre hanno caratterizzato la vita di quella nazione nell’anno appena trascorso. Al primo posto non c’è «coronavirus» (come avemmo potuto ritenere) ma «lockdown», ossia la misura di restrizione presa (da numerosi governi nel mondo, non solo da quello inglese) per tentare di limitare la propagazione del virus. La parola non è nata nell’anno appena trascorso: ma il suo utilizzo ha avuto una crescita enorme passando da 4.000 presenze nella rete nel 2019 a 250.000 nell’anno successivo. Comprensibilmente: la lingua è il riflesso del mondo che ci circonda e la pandemia domina la vita di miliardi di individui. La parola prescelta riassume l’esperienza condivisa da tutti coloro che hanno ristretto la vita quotidiana nella speranza di contenere il virus.
Nella lista inglese figurano altre parole associate alla pandemia come «social distancing» (‘distanziamento sociale’), «self isolate» (‘autoisolamento’, mettersi volontariamente in quarantena per paura di essere contagiosi) ecc. E anche parole molto ricorrenti in altri ambiti, come l’abbreviazione «BLM», che allude a un altro evento significativo, le manifestazioni del movimento «Black Lives Matter» dopo l’uccisione di George Floyd, americano nero asfissiato sotto il ginocchio di un poliziotto bianco a Minneapolis; o «TikToker» (utilizzatore della piattaforma TikTok, che ha incontrato il favore del pubblico più giovane); o «Megxit» (per noi forse meno trasparente), contrazione di «Meghan» e di «exit» (‘uscita’), ricalcata su Brexit, utilizzata per qualificare il volontario allontanamento della famiglia reale britannica del principe Harry e di sua moglie Meghan, che molto scalpore ha suscitato in Gran Bretagna.
E in Italia? Le parole del 2020 – anno cupo e ansioso – sono ovviamente legate alla pandemia: lockdown (che prevale sull’italiano confinamento, che usiamo meno non capisco perché), quarantena, coprifuoco, chiusura, riapertura, virologo, vaccino, zona rossa. Più recente è variante: abbiamo subito capito cos’è la variante inglese del virus; e poi abbiamo sentito parlare di variante veneta, di variante pugliese e via aumentando, man mano che il contagio si diffonde (poveri noi!). Variante è parola che si usa, con significato tecnico, in filologia. Gianfranco Contini, il più grande filologo del Novecento, si è occupato spesso di «varianti d’autore», i ripensamenti e le modifiche che un autore introduce durante la composizione di un proprio testo, prima di considerarlo perfezionato. Nelle diverse fasi dell’elaborazione di «A Silvia» (una poesia che tutti gli studenti e molti adulti dovrebbero ricordare a memoria), Leopardi ha scritto nel verso iniziale prima «Silvia sovvienti», poi «Silvia rammenti», infine «Silvia rimembri», raggiungendo così la meravigliosa versione definitiva della poesia.
È impossibile prevedere quale sarà la parola del 2021. Nell’auspicio che l’anno sia diverso da quello che senza rimpianti abbiamo da poco abbandonato, ci consola il pensiero che il 2021 è l’anno delle celebrazioni legate al settecentenario della morte di Dante. Tra le tante iniziative annunziate, spicca una già avviata dall’Accademia della Crusca. Si intitola «La parola fresca di giornata. 365 giorni con Dante»: ogni giorno del nuovo anno il sito dell’Accademia ospita una parola o un’espressione dantesca, accompagnata da un breve commento di volta in volta preparato da un accademico. Una parola al giorno per farci sentire quanto Dante sia vicino a noi.
Non sappiamo se una parola dantesca diventerà parola dell’anno 2021, dipenderà dalle scelte dei parlanti e degli scriventi italiani. Ma certo l’iniziativa della Crusca contribuirà in maniera significativa a far conoscere agli italiani l’opera e la lingua del nostro più grande poeta. Ne riparleremo ancora la prossima settimana.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” del 10 gennaio 2021]