Forse potrebbe anche sembrare strano ma a volte si ha bisogno della poesia per capire. Forse se ne ha bisogno soprattutto quando molti significati sembrano sfuggire alle nostre categorie, ai nostri sistemi di pensiero, alle strutture nelle quali organizziamo i nostri concetti. Forse se ne ha bisogno quando i tempi che vengono sono diversi, con i fili delle storie aggrovigliati, quando non si riesce a trovare paragoni e quindi gli esempi delle soluzioni, quando non si sa bene o non si sa per niente verso quale direzione sia più giusto andare, quale sia il modo migliore per scansare i macigni.
Allora, in quei tempi, in quei frangenti, lungo quegli argini frananti, si ha bisogno della poesia. Dei suoi riferimenti. Della sua sintesi essenziale. Delle sue intuizioni sorprendenti. Delle sue visioni della Storia, del suo andare oltre: i tempi, i luoghi, i fenomeni, le circostanze, le occasioni, gli accadimenti. Non possiamo aspettarci spiegazioni. La poesia non spiega quasi mai. Rivela, fa vedere, accende percezioni, mette a disposizione sensazioni e sentimenti, coinvolge in esperienze di pensiero. Dimostra che, in fondo, le emozioni delle creature sono sempre le stesse, sempre quelle, anche se si propongono con forme e linguaggi diversi. Sono sempre quelle le emozioni provocate dalla paura e dalla felicità, dalla serenità e dalla preoccupazione, dalle sicurezze e dalle incertezze. Fa sentire; non spiega.
La poesia non risolve nessun problema. Però qualche volta ci insegna a stare dentro i problemi, a confrontarci con essi. Da una poesia si apprende, consapevolmente o inconsapevolmente, il metodo del non arrestarsi sulla soglia di quello che si vede, del ribaltamento della soglia per guardare sotto, alla ricerca del significato nascosto.
La poesia dimostra che nella ricerca dei significati essenziali delle cose è dai particolari che si parte ed ai particolari si ritorna. Per questo motivo propone riflessi, scaglie, frammenti. Dice a colui che legge che il contesto deve costruirlo da solo; però lo avverte che il contesto completo non si riesce quasi mai a costruirlo da soli, che si ha sempre bisogno di mettere insieme i parziali contesti costruiti da ciascuno per poter ottenerne uno se non completo un po’ meno incompleto. Ma lo avverte anche che i contesti cambiano continuamente e che occorre continuamente riscostruirli e metterli insieme tenendo conto che con i contesti cambiano anche le posizioni dei particolari che lo compongono e quindi i loro significati.
Allora, quando si arriva a un punto in cui si avverte una sensazione di disorientamento, in certe situazioni che sembrano confuse oppure che lo sono veramente, ci si rende conto che per comprendere il profondo si deve far ricorso a una poesia.
Quando si vuole capire che cosa ci sia dentro le cose a monte e a valle del tempo che ci è stato prestato; quando si vuole scrutare il fondo per scoprire quali meraviglie e quali misteri nasconde; quando si vuole andare al di là dell’apparenza fino a giungere all’essenza e al lievito della sostanza. La poesia serve quando le parole che di solito pronunciamo e ascoltiamo si rivelano banali o comunque inadeguate, quando non riescono ad esprimere il nostro rapporto con gli esseri e le cose, con le esperienze e le storie che attraversano la vita, con le esistenze con cui ci confrontiamo, di cui avvertiamo la necessità di stringere il senso, di comprendere la trama, di svelare l’intreccio. Serve quando la ragione non basta a spiegare i fatti e i fenomeni di cui siamo protagonisti o coinvolti spettatori, quando rispetto ad essi non riusciamo a trovare convincenti motivazioni. Quando le emozioni si fanno travolgenti. Allora ci serve una poesia che possa darci la sensazione di raggiungere almeno una delle forse innumerevoli verità che agiscono intorno e dentro le nostre esistenze.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, domenica 3 gennaio 2021]