Darwin, tra i tanti, affronta l’interpretazione di realtà complesse con approcci olistici, perché il tutto è più della somma delle parti, e non usa la matematica per farlo. Se sento qualcuno che nega il valore del modo di fare scienza di Charles Darwin, non sono contento: non nego il valore di approcci scientifici basati sul riduzionismo, ma trovo antiscientifico che chi li persegue neghi il valore di altri modi di fare scienza. Ho provato inutilmente a inviare un contributo al Festival, mi sarebbe piaciuto un confronto, ma la sfida non è stata accettata. Il mio argomento è che la realtà è una, col riduzionismo la scomponiamo in realtà più semplici, con indubbi successi, anche tecnologici. Ma la sintesi ha altrettanto valore: mettere assieme le parti per capire il “tutto”, e l’approccio olistico non può essere confuso con le scie chimiche e l’omeopatia.Qualcuno mi ha sfidato a presentare progetti, per vedere se riesco a farmeli finanziare. Ho vinto un bando europeo che chiedeva un approccio olistico per disegnare reti di aree marine protette e impianti eolici offshore. Vi hanno collaborato trecento ricercatori di 22 stati di tre continenti. L’Unione Europea si affanna da decenni a chiedere approcci olistici, di sintesi. Ma il mondo scientifico si ostina a perseguire approcci riduzionistici. Il progetto che ho coordinato includeva un minestrone di fisici, chimici, geologi, modellisti matematici, ingegneri, biologi, ecologi, socio-economisti, evoluzionisti, architetti di banche di dati, e diverse branche di queste discipline. Ogni ricercatore era poco interessato al contributo delle altre scienze. La fatica più grande del coordinamento è stata proprio far parlare i vari scienziati tra loro.
La scienza è un’orchestra che suona tantissimi strumenti e la sua musica si comprende appieno quando suonano tutti assieme. Se ascoltiamo uno strumento per volta non riusciamo ad apprezzare la musica della scienza. Il mio amico Frank Zappa parlava della Grande Nota, ed era un maestro della continuità concettuale che unisce tutte le espressioni culturali. Ma se è naturale ascoltare tutti gli strumenti contemporaneamente (la musica non si apprezza ascoltando solo uno strumento alla volta), è difficilissimo “ascoltare” tutte le scienze assieme. La sfida è questa, ma chi non la vuole raccogliere si ostina a restare nel limitato recinto del proprio sapere, negando il valore del sapere altrui, ritenendolo inferiore al proprio. Le mie critiche erano rivolte a questi ignoranti di altro che non sia la loro specifica competenza. Il delirio di onnipotenza di alcuni scienziati à la Zichichi (tipo quelli che hanno scritto quel bando) nulla toglie alla loro scienza. Il fatto che si sentano in diritto di dire cosa sia scienza e cosa non lo sia mi stimola a contestare il valore universale della loro scienza, senza negarne il valore relativo. Quando poi entrano a gamba tesa in altre scienze, con la pretesa di poter spiegare tutto “in termini quantitativi”, provo solo pena per la pochezza intellettuale. Chi ha formulato il bando del Festival della Scienza ha dato prova di profonda ignoranza di cosa sia la scienza e manca di rispetto a ciò che ignora. Per pretendere rispetto bisogna avere rispetto.E quindi: non parlo male di alcuna scienza, a differenza di altri. Sono conscio dei limiti della mia conoscenza, ma non tollero la spocchia degli ignoranti che si sentono “superiori”.
[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online del 30 dicembre 2020]