Io dico sempre che i bambini tornano a casa da scuola e non conoscono i nomi degli alberi che incontrano nel loro cammino. L’insegnamento astratto, che quantifica tutto e qualifica poco, domina nei percorsi di formazione e non educa a guardare. E invece i bambini amano tutte le forme di vita: Edward Wilson la chiama biofilia. Una mamma mi manda un video di suo figlio Andrea. Quattro anni. Elenca gli animali che conosce: molluschi, poriferi, vermi; alcuni animali fanno i piccoli nella pancia della mamma e altri li fanno deponendo le uova. Sono ovipari! Ci sono animali a sangue caldo e animali a sangue freddo. Questo dicono gli scienziati, e io devo imparare tutti gli animali se voglio diventare un vero scienziato. Sai quali sono gli animali a sangue freddo? I rettili! Termina con una sfida: adesso ripeti. Tutti i bambini in età prescolare sono come Andrea. Poi vanno a scuola. I miei studenti mi hanno confessato di aver sempre cercato di sapere queste cose, ma non le hanno mai trovate nel loro percorso di formazione. Molti avevano dimenticato la curiosità infantile. L’hanno ritrovata, e sono entusiasti di quello che hanno fatto, proprio come Andrea. I documentari in televisione mostrano forme esotiche, curiosità, ma non insegnano a guardare. La finalità è di far fare ohhh agli spettatori, intrattenendoli. Mentre è raro che si arrivi a far esclamare ahhh! In quanti sanno come fanno a mangiare le cozze, e cosa mangiano? Non sto parlando di gastrotrichi e chinorinchi, sto parlando di cozze! Quanti sanno quali siano, da dove vengano e come siano pescati i pesci che chiamiamo genericamente tonno?
Senza il resto della biodiversità non possiamo vivere, ma ci siamo così allontanati dalla natura da non realizzare neppure che cosa sia quello che mangiamo. Come gli umili e apparentemente sottomessi di Fight Club si prendono la loro rivincita su chi li sfrutta (esemplare Brad Pitt che inquina con prodotti personali i piatti dei ricconi a cui fa da cameriere) così fa la natura. Come si fa a rispettare quello che non si conosce? La sostenibilità passa per la consapevolezza e questa si acquisisce se si rimane come Andrea, imparando ANCHE tutte le altre cose, mantenendo le capacità di osservazione. Gli attuali percorsi di formazione, invece, privilegiano l’astratto e ci allontanano dalla natura. Senza la quale non possiamo vivere. I giovani, da sempre, chiedono cose concrete. I vecchi invece si rifugiano in astrazioni che li allontanano dalle loro responsabilità. La sfida è di invecchiare restando giovani. Senza cadere nelle illusioni di vite extraterrestri. O, comunque, coltivandole ma restando con i piedi saldamente sul pianeta terra. Per ora l’unico pianeta vivente dell’universo conosciuto: intanto impariamo bene come è fatto e come funziona. Perché non lo sappiamo mica tanto bene…
[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online dell’11 dicembre 2020]