Juan Ramón Jiménez. Madre, dimentico qualcosa, ma non mi ricordo… (Madre, me olvido de algo, y no me acuerdo…)

di Antonio Prete

Ci sono alcuni versi, in tutte le lingue, che sembrano vivere di luce propria. E sembrano compendiare nel loro breve respiro la vita del prisma cui appartengono: frammenti che raccolgono e custodiscono nel loro scrigno, integro, il suonosenso della poesia dalla quale provengono. Con un solo verso un poeta può mostrare il doppio nodo che lo lega al proprio tempo e al tempo che non c’è, all’accadere e all’impossibile. In un verso, in un solo verso, un poeta può rivelare il suo sguardo, in grado di rivolgersi all’enigma che è il proprio cielo interiore e al movimento delle costellazioni, alla lingua del sentire e del patire di cui diceva Leopardi e all’alfabeto degli astri di cui diceva Mallarmé. Un verso, un solo verso, può essere il cristallo in cui si specchiano gli altri versi che compongono un testo. Per questo da un verso, da un solo verso, possiamo muovere all’ascolto dell’intera poesia.

Il verso, che appartiene a una poesia dal titolo El Adolescente (L’Adolescente) non è forse tra i versi del poeta andaluso che meglio possono essere indicati come esemplari di una poetica, dei suoi modi, delle sue forme. Ma per questo verso, e per la poesia che lo comprende, m’è accaduto di avere, lungo gli anni, una particolare affezione, perché è parte dei miei ricordi di adolescenza. La poesia l’ho letta la prima volta, sui quindici anni, nel volume in carta india Orfeo. Il tesoro della lirica universale, a cura di Vincenzo Errante e Emilio Mariano, nella traduzione di Gino Regini (il volume, che ancora conservo, è una estesissima antologia, in traduzione italiana, della poesia di molte lingue ed epoche, dalle prime testimonianze assiro-babilonesi alla poesia ispano-americana degli anni Cinquanta del Novecento, dalla lirica greca al simbolismo francese al futurismo russo, per dire solo di qualche arco temporale, e tra i traduttori, oltre ai nomi dei curatori, figurano anche i nomi di Diego Valeri, Salvatore Quasimodo, Giuseppe Ungaretti, Renato Poggioli, Leone Traverso, Carlo Bo, Mario Luzi, per dire solo di alcuni). Un mare di versi, nel quale la navigazione serale e qualche volta notturna di un adolescente poteva avventurosamente dispiegare le vele dell’immaginazione. Molti nomi di poeti li ho conosciuti lì per la prima volta: alcuni li avrei ritrovati, negli anni a venire, nella loro lingua originale, e qualcuno mi sarei anche arrischiato a tradurlo.

Questa voce è stata pubblicata in Scritti critici di Antonio Prete e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *