Dopo la sconfitta di Trump

A fronte di un’espansione della spesa pubblica del 14% nel biennio 2019-2020 – a seguito della frenata del biennio precedente – gli Stati Uniti hanno registrato un disavanzo commerciale in rapida crescita, nell’ordine del 3.5% del Pil.  L’avanzo commerciale della Cina è aumentato.

L’Istat registra che nel corso del 2019 l’Italia ha sperimentato una crescita del suo avanzo commerciale imputabile essenzialmente all’aumento delle esportazioni e alla riduzione delle importazioni. Le esportazioni sono state diretta principalmente verso la Germania e il calo delle importazioni riguarda prevalentemente gli acquisti di beni dalla Cina. 

L’Italia esporta essenzialmente prodotti chimici, farmaceutici, agroalimentari e di lusso. Per questi ultimi, si tratta di beni con domanda rigida, ovvero beni per i quali non vi sono rilevanti riduzioni della domanda quando il prezzo aumenta giacché difficilmente sostituibili.

Il nostro avanzo commerciale risente dunque poco dell’andamento della domanda per quanto attiene alle esportazioni ne risente molto per quanto attiene alle importazioni: il dato sulle importazioni dalla Cina testimonia il nostro grado di dipendenza da quel Paese e la sua crescita, in particolare per gli apparecchi elettrici e la meccanica strumentale.

L’Italia diventa, in tal senso, sempre più un’economia a trazione estera – soprattutto per i prodotti ad alta intensità tecnologica – e orientale in particolare, dunque sempre più vulnerabile rispetto alla caduta del commercio mondiale che potrebbe verificarsi in caso di guerre commerciali. La vittoria di Biden oggettivamente riduce la probabilità che queste si verifichino e, in tal senso, costituisce un’opportunità per la nostra economia. Il problema essenziale sta nel fatto che l’aumento delle esportazioni sembra non compensare la caduta della domanda interna e che la crescita della domanda interna è necessaria anche per scongiurare – in una prospettiva di lungo periodo – recessioni indotte da guerre commerciali, come quelle che si erano paventate nella prima parte dell’amministrazione Trump.

Ciò anche per l’immobilismo dell’Unione Monetaria Europea, riferito all’assenza di interventi finalizzati a far crescere la domanda interna: immobilismo fondamentalmente dettato dall’egemonia tedesca e dagli avanzi commerciali che la Germania riesce ad ottenere, pur a fronte di un’Unione divisa e conflittuale al suo interno,

La sospensione del Patto di Stabilità e crescita nell’Eurozona è da salutarsi con favore, ma è forse insufficiente per generare crescita della domanda interna soprattutto per i Paesi della sponda mediterranea.

Il commercio estero che vedremo nell’era Biden sarà sempre più una rincorsa all’autosufficienza tecnologica, dalla quale è bene che l’Europa e l’Italia non siano tagliate fuori. Ed è ancora più opportuno a riguardo che la Germania rinunci almeno in parte a una crescita trainata dalle sole esportazioni per consentire a tutti i partner europei di beneficiare degli scambi interni ed eterni all’Unione.

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