Vivere poeticamente. L’autobiografia di Adalberto Protopapa

Ricorda la sua infanzia, i suoi nonni, i suoi zii, i suoi cugini, gli amici, i conoscenti, perfino gli animali domestici, i luoghi, gli episodi di vita, l’approccio alla musica, le scelte successive. C’è il suo milieu, il suo paese, Taurisano, coi parenti, coi vicini di casa, con le comari, col reciproco scambiarsi di piccoli doni, del farsi bene, come una volta era d’uso nel piccolo mondo del bisogno. In questo passaggio, particolarmente importante dal punto di vista formativo, un ruolo centrale ce l’ha la nonna paterna, Lucia, che in tempi di povertà e di bisogno, si faceva carico di aiutare tante famiglie bisognose e del piccolo Paul-Adalberto si serviva come “messaggero” di aiuti. “Non di meno Lucia, sua nonna, moglie di Adalberto, era solita preoccuparsi di poter sfamare e di offrire qualsiasi bene di prima necessità a chiunque ne avesse bisogno, ma sempre di nascosto dal marito e da tutti. Che se avessero saputo…E Paul era l’agente in incognito 007 che costantemente si recava, con uova, olio, farina, biscotti, pasta, a volte con il pranzo appena cucinato e tanto altro ancora, casa per casa, dalla comare Teresa, dalla comare Maria e da tante altre comari che comari in realtà non erano se non nell’essere tutte appartenenti al club del bisogno…Era Paul a godere di questa gratuita e meravigliosa esperienza d’amore e di generosità”.

Il racconto scorre tra episodi di vita e considerazioni filosofico-sapienziali, la funzione del tempo in primis, che non esiste se non come invenzione degli uomini. “È un’esigenza alla quale rinuncerei con piacere se potessi”, dice l’autore. Lo sfondo è poetico e vi si colgono echi gozzaniani, con la descrizione di ambienti domestici e famigliari, con le piccole cose della quotidianità – le gocce di rugiada –, senza nostalgia, in un’aura di sorriso appagamento. Una solida spiritualità, l’amore per i buoni sentimenti e per l’arte costituiscono l’impasto ideologico. “È nella generosità e nel perdono che si realizza la possibile elevazione verso Dio. E, poi, per completare…arriva in supporto il canto”.

La rivendicazione della propria identità arriva alla fine, al termine di un lungo percorso, non disgiunta da un altro traguardo di vita: “È diventare profeta in patria la sfida da vincere”. Senza tradire se stessi, evidentemente.

L’autore non manca di riferire, en passant, inciampi e incertezze, condizionamenti e resistenze, anche in famiglia, attraverso cui il racconto terapeutico gli fornisce l’arrivo dove era volto. “È ora che il mio cammino sullo scorrere del tempo giunga a destinazione. È ora che io mi ricongiunga con l’altro me, quello che senza timidezza ti ha raccontato, quello che mi ha permesso di diventare ciò che sono. Ed ora che sono finalmente il risultato di un’interezza esistenziale, mi sento completo, rinnovato e Libero!”. Parole che fanno presupporre un’esistenza problematica, un sentirsi diverso da quel che era costretto a mostrarsi: le “regole sociali”, le “troppe convinzioni che ti impone il mondo intorno”.  “Io sono Paul! – esclama – Sono tutto quello che l’altro me ti ha raccontato. L’altro me, quello che finalmente si è ricongiunto a me, in un abbraccio, in un sorriso”. Per esplodere in una espressione liberatoria: “sono finalmente quello che ho sempre saputo di essere: me stesso, sono Adalberto, sono la vita, quella meravigliosa e vincente ribellione alla banalità”. Protopapa affida alla scrittura una funzione autoconoscitiva. Attraverso di essa egli giunge alla rivelazione di sé.

L’autore è un musicista, nato nel 1968, che da qualche anno predilige l’insegnamento. Rivendica la sua dimensione d’artista, che tradizionalmente è fuori le righe del vivere scontato, libero di scegliere e di difendere le sue scelte ma col rischio di non essere sempre compreso. Parte dall’inizio, addirittura dalla prenatalità, dal suo diventare quello che è, ripercorre la sua vicenda di vita, in una vaga atmosfera di ingenuità e di poesia, in cui emerge in forma serena il rimpianto per qualche occasione affettiva mancata o sfumata.

Poco prima del finale l’autore cede all’esigenza professionale, alla “Protopapa Music Academy Taurisano”, che è una scuola di formazione per pianisti e violinisti ad indirizzo concertistico, di cui egli è presidente e direttore artistico, e propone come in un album i profili di tutti i suoi allievi e allieve, colleghi, collaboratori, con brevi valutazioni che ne mettono in risalto i caratteri e la carriera contrassegnata dalle tappe più significative. Una enclave informativa, che non giova alla coerenza ideativa del racconto.

Protopapa, che aveva già pubblicato lavori tecnico-professionali, rivela una buona disposizione narrativa, seppure poco organizzata, con una prosa dalla colloquialità scorrevole tendente a tratti all’oralità. Peccato, però, che la pubblicazione, come prodotto editoriale, non abbia avuto una cura adeguata. 

[“Presenza taurisanese” anno XXXVIII n. 11-12 / Nov.-Dic. 2020, p. 12]

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