di Ferdinando Boero
Negli anni sessanta la RAI realizzò un’iniziativa di DAD: Didattica a Distanza. Il maestro Alberto Manzi, con la trasmissione Non è mai troppo tardi, insegnò a leggere e scrivere agli adulti che non avevano ricevuto un’istruzione in età scolare. Manzi usava grandi fogli dove disegnava con il carboncino, e utilizzava filmati e fotografie, come oggi si fa con i computer. Le lezioni andavano in onda la sera, alla fine delle giornate di lavoro. Manzi parlava ad una classe in studio, ma la sua vera classe era di migliaia di persone, ognuna a casa sua. All’epoca molta gente viveva in paesini sperduti e le maestre vi si trasferivano per passarvi l’anno scolastico. Oppure i bambini camminavano per chilometri, magari nella neve, per assistere alle lezioni. Conosco persone che hanno conseguito così la loro istruzione elementare negli anni cinquanta e sessanta. Negli anni precedenti i bambini che vivevano lontano da scuola semplicemente non ci andavano: la maggior parte degli scolari del maestro Manzi viveva in campagna.
Oggi abbiamo i computer e internet. Ma la copertura è ancora molto instabile. Molti docenti non sono “digitali” come i loro studenti e devono affrontare non poche difficoltà per esercitare la professione più importante di tutte: trasmettere la conoscenza alle nuove generazioni. So bene dell’importanza della socializzazione scolastica, visto che i bambini da decenni non escono più per conto proprio a giocare con i loro coetanei in maniera spontanea, ma in tempi di Covid la cosa più importante, ora, è di non interrompere i percorsi di formazione, salvaguardando genitori e nonni da possibili contaminazioni per interazioni con giovani asintomatici ma infettivi.