Manco p’a capa 14. Il nuovo patto verde dell’Unione Europea

di Ferdinando Boero

Finalmente l’Italia investirà di più in ricerca, usando i finanziamenti del Recovery Fund. La notizia è magnifica e non si può non applaudire il ministro Gaetano Manfredi per aver accolto gli appelli della comunità scientifica, di cui è un autorevole esponente. La parola “ricerca”, però, definisce una gamma vastissima di attività volte a generare conoscenza. Si legge molto di brevetti, e l’impressione è che il fine della ricerca sia di produrre innovazione tecnologica.

Il Recovery Fund ha come finalità la sostenibilità ambientale e viene erogato per realizzare il Green New Deal. Il motivo è semplice: quello che abbiamo realizzato sino ad ora ha causato notevolissimi costi ambientali, con una intollerabile erosione del capitale naturale. Un’economia basata su questi presupposti porta a enormi costi economici dovuti a catastrofi naturali e al venir meno dei servizi ecosistemici. Chi paga questi costi? Non li paga chi ha tratto guadagno da queste attività, sono gli Stati a pagare.

Il nuovo patto verde dell’Unione Europea è “nuovo” proprio perché vuole uscire da un sistema “vecchio”, che costa più di quanto produce e che prevede una divisione dei costi palesemente truffaldina. L’economia che non tiene conto della natura è una truffa, perché mostra solo i benefici e nasconde i costi. Il “nuovo” sistema non può basarsi sui presupposti del “vecchio”.

La ricerca scientifica è indispensabile per disegnare un futuro diverso dal passato e, per rispondere alle richieste di innovazione del nuovo patto verde, deve dare centralità anche alla ricerca su biodiversità e funzionamento degli ecosistemi, per la salvaguardia della natura. La conoscenza del capitale naturale è una pre-condizione da soddisfare per operare in modo da non creare le situazioni negative ecologicamente, socialmente ed economicamente che ora stiamo affrontando e da cui vogliamo uscire.

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