Manco p’a capa 14. La democrazia del bello

Ora guardiamoci attorno. Pensiamo a un posto bellissimo nel nostro territorio. Un posto dove l’uomo ha lasciato i suoi segni. C’è l’imbarazzo della scelta e, di solito, vengono in mente costruzioni del passato, da Pompei a Venezia, al centro storico più grande d’Europa (Genova). Se pensiamo a luoghi brutti, dove l’uomo ha sfregiato la bellezza naturale o quella del passato, vengono in mente gli scempi di epoca recente, una macchia sulla bellezza italiana che sta trasformando il paese. Pensiamo alla cementificazione degli alvei fluviali, alla distruzione delle zone umide, alle massicciate che ingessano le coste adriatiche, ad un’agricoltura che fa largo uso di pesticidi e fertilizzanti. Per non parlare delle discariche a cielo aperto. Sembra che una storia carica di bellezza ci indispettisca e che, invidiosi di quel che han fatto i nostri predecessori, ora vogliamo distruggerlo o, come minimo, renderlo brutto. L’Italia ora si trova polarizzata in due posizioni estreme. Una di altissimo livello, e un’altra che o non fa caso alle brutture o si crogiola nella pacchianeria delle case dei Casamonica.

L’aristocrazia del bello deve diventare democrazia, nelle intenzioni di von der Leyen. Come non darle ragione? Non è colpevolizzando i vandali che si migliora la qualità degli interventi. È necessaria un’educazione al bello, in tutti i campi. Sono fissato con i percorsi formativi: la scuola. È lì che si formano i nuovi cittadini. E non possiamo solo educarli alla bellezza della poesia del trecento, o dei Promessi Sposi. Bisogna imparare a guardare il quotidiano, con un’educazione alla percezione e all’analisi di quel che si vede. Esistono strumenti potentissimi per farlo. Penso a Instagram, dove si pubblicano istantanee di quel che si ritene rimarchevole. Pare che le immagini più frequenti siano di gattini, cagnolini e bambini. Poi ci sono i selfie. E poi il cibo. Non mancano i tramonti. Sarebbe interessante fotografare anche le brutture, per non voltarsi dall’altra parte. Chiara Ferragni ha usato Instagram per invogliare la visita a importanti musei: brava! Influenza verso il bello i suoi seguaci, con un’efficacia superiore a quella della scuola.

La bellezza è attorno a noi. Se la distruggiamo induciamo ulteriore distruzione. La sindrome del vetro rotto dice che un edificio con un vetro rotto dà un senso di abbandono, e qualcuno pensa che sia lecito rompere un altro vetro con una sassata, e poi un altro. L’Italia ha molti vetri rotti: vanno riparati. Questo vale sia per l’ambiente naturale, sia per l’ambiente antropizzato. L’interno delle nostre case è in media ben tenuto, mentre gli spazi pubblici sono spesso in abbandono. In altri paesi avviene il contrario. Sarebbe bello mantenere in ottimo stato entrambi gli spazi.

Ho detto molte volte che bisogna inserire la natura nei percorsi formativi. Ora pensate a uno spazio naturale, senza segni dell’uomo, che sia brutto. Non è facile trovarlo. La natura produce bellezza. Conoscere la natura educa alla percezione della bellezza. Da trasferire a tutte le manifestazioni del nostro agire: siamo esseri naturali. La pandemia potrebbe determinare un cambiamento di paradigma e, nel lungo termine, potrebbe spingerci verso un nuovo Rinascimento. È emblematico che siano donne a proporre queste nuove visioni, da Ursula von der Leyen, a Angela Merkel, per arrivare agli antipodi, a Jacinda Ardern, appena rieletta in Nuova Zelanda. I paesi retti da uomini, mi duole ammetterlo in quanto appartenente alla categoria, sono in retroguardia.

[“Il Fatto Quotidiano” online del 29 ottobre 2020]

Questa voce è stata pubblicata in Arte, Ecologia, Manco p’a capa di Ferdinando Boero e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *