Le ultime carte

Le ultime carte di Giovanni Bernardini

di Viator

I versi di questa poesia di Giovanni Bernardini (1923-2020), inserita in uno dei mannelli, Il passo del tempo, che compongono la raccolta “Emblema e metafora” del 1988 (Manni), creano un’atmosfera di fine, di sconfitta, di rassegnazione. Il quadro lessicale ha metafore classiche, auliche, i rossi sentieri, l’oceano, l’auriga, il porto, ma anche quotidiane e plebee: il vino aspro, le carte, un asso, un jolly, una donna, che fanno pensare ad un ambiente di quotidianità paesana, mentre l’addio e il gelo della sera sono evocative di morte. Sono gli estremi all’interno dei quali si rappresentava l’immaginario di questo poeta, che ha attraversato un secolo – muore all’età di 97 anni – in maniera ricca e intensa: scuola, scrittura, politica; ed ha affidato ai loro strumenti l’efficacia espressiva della sua ricca produzione.

Rapportata alla sua esperienza esistenziale la poesia segna un sereno pessimismo. Il poeta si sente alla fine, non biologica, ma di realizzazione artistica; sta per imbarcarsi verso l’oceano, resta il tempo ancora per bere e per giocarsi le ultime carte. Qui il bere è un estremo tentativo di vita. Niente di più che un dire addio, lasciare una testimonianza, ancora un’altra. Senza le grandi motivazioni e le grandi occasioni, asso jolly donna, non si vince.

La poesia ha una lettura autonoma, svincolata dai legami biografici del suo autore, che, del resto, quando la scrive, non è affatto nelle condizioni di ordinare all’auriga di fermarsi, ma ha ancora tanta strada da fare. La sua è solo una variabile esistenziale come tante altre. Ognuno, leggendola, può identificarsi in essa.

I versi esprimono l’insoddisfazione dell’uomo, che, costretto in un ambiente che non gli darà mai l’opportunità di realizzarsi come vorrebbe, deve fare i conti col suo sentirsi alla fine, senza esserlo, di sentirsi dietro quanto invece gli è davanti. Una condizione, però, nient’affatto disperante. Si può vivere lo stesso in produttiva continuità, ben sapendo che la grande occasione della vita ormai è persa: Sai bene ma accetti sereno / di non poter più vincere la partita.

[“Presenza taurisanese” a. XXXVIII n. 10 / ottobre 2020, p.7]

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