Se la storia ha un senso, è per il senso della storia che Lecce non poteva fare a meno di presentare la candidatura. Perché la storia di una terra è fatta anche dai suoi libri, da quelli distrutti, persi, da quelli salvati.
Il monastero di Casole è stato il simbolo di una civiltà che comprendeva l’indispensabilità di non disperdere i pensieri e i linguaggi di un sapere. Ora non saprei dire – ma di sicuro altri lo avranno fatto egregiamente- quanto l’attività che si svolgeva a Casole rientrasse in un progetto, in un processo, o se rispondesse ad un istinto, a una passione per i libri senz’altra intenzione, senz’altra finalità. Però, se il filosofo Nicola da Otranto, che poi da abateprese il nome di Niceta, fondò la biblioteca raccogliendo libri, come si diceva, per tutta la Grecia, certamente un progetto politico di cultura ce l’aveva. Certamente rispondeva anche ad un progetto culturale il fatto che quei monaci, come riferisce sempre Antonio Galateo, assicurassero ospitalità, vitto e insegnamento, senza domandare alcun compenso, a chi intendesse apprendere le lettere greche.
Era certamente per un progetto di cultura che Casole spalancava i suoi codici preziosi sul Mediterraneo.
Il presente proviene da quel passato remoto; su quel passato è conformato il nostro immaginario. Le rovine di Casole sono la rappresentazione di una suggestione che resiste anche al tempo che ha trasformato lo splendore del luogo in pietraia desolata. Ma allo splendore di quel luogo, la cultura del Salento spesso è ritornata e continua a ritornare: per esempio con esperienze di narrazione. O semplicemente con un riferimento rapido che si fa segno nella memoria, come il verso di Bodini. Perché questa terra non deve dimenticare, non deve consegnarsi senza condizioni all’erosione che fa l’oblio. Sa che la memoria è sostanza di esistenza, che una terra senza memoria non può avere prospettiva.
Può sembrare inverosimile, ma sul presente di questa terra ancora si spandono i riflessi dello splendore antico di quella biblioteca.
Se è vero che nei fatti che riguardano la cultura è opportuno diffidare di tutto quello che diventa vecchio, rugginoso, che trattiene l’espressione dei significati nuovi, è altrettanto vero che non si può trascurare tutto quello che risulta antico, perché, semplicemente, riproduce il senso della storia. E’ sul senso della storia che si realizza il progresso. E’ con il senso della storia che si attraversa il proprio tempo scrutando l’orizzonte di un tempo a venire. Per realizzare un progresso si ha bisogno di ripristinare i significati dell’antico, di rifondarli, rielaborarli, rigenerarli.
Ogni fatto, ogni fenomeno, ogni storia, hanno sempre un’origine, e l’origine è sempre antica.
Forse si potrebbe anche dire che San Nicola di Casole rappresenta un modello, un riferimento, un archetipo, un prototipo, un esemplare.
E’ da cinque secoli e mezzo che Casole ha perduto lo splendore dei libri. Forse è servita ad altro: forse per rifugio di greggi; anche per rifugio di uomini, forse. Però in qualche modo è servita.
Adesso è soltanto rovina. Però molto spesso accade che le rovine facciano da provocazione della memoria e che dalla memoria si accendano idee per l’avvenire. Ecco, forse in questo caso, con questa candidatura di Lecce a capitale del libro potrebbe verificarsi una condizione di integrazione e interazione di tradizione e innovazione, passato e futuro attraverso la mediazione del tempo che si vive, memoria e prospettiva. In fondo i libri vengono sempre da altri libri, ogni nuovo racconto richiama in qualche modo un racconto antico, un cumulo di macerie può generare la fantasia di una nuova, meravigliosa biblioteca che magari si costituisca come l’alleanza virtuosa tra cultura tipografica e cultura tecnologica, tra nativi digitali e figli di Gutemberg, tra la conoscenza custodita da un manoscritto e quella che si può manifestare soltanto con un clic su una tastiera.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 25 ottobre 2020]