di Gigi Montonato
Il 13 settembre è ricorso l’anniversario, il quarantesimo, della morte di Ernesto Alvino (1901-1980). La sua memoria pubblica è oggi attestata dall’intitolazione di alcune vie, a Lecce e in provincia, come ha ricordato nella circostanza Dino Levante sulla “Gazzetta del Mezzogiorno”. Un ricordo, quello di Levante, che, a dire il vero, come per tanti altri personaggi del nostro passato, sembra interessare sempre meno persone. A volte si ha quasi la sensazione di parlare ad un pubblico che non esiste più, che lo si faccia giusto per un atto di rispetto autoreferenziale. E’ un processo fisiologico, legato al tempo che trascorre inesorabilmente e porta con sé uomini e memorie.
La società di oggi, rispetto a quella di quarant’anni fa, più che distratta e immemore, è semplicemente cambiata. “L’estreme sembianze e le reliquie / della terra e del ciel traveste il tempo” dice il Foscolo nei Sepolcri. Ne dobbiamo prendere atto. Già il fatto stesso che oggi sia in crisi il campo di operatività di Alvino, il giornalismo stampato, dopo più di tre secoli, la dice tutta. Dobbiamo allora farcene una ragione? Archiviare il caso? Direi di no. Occorre semplicemente trovare forme nuove di attenzione. E queste non possono essere che culturali. La strada è aperta.
Di Ernesto Alvino finora si è parlato in margine all’attività letteraria di alcuni poeti e scrittori a Lecce nella prima metà del ‘900. Delle sue iniziative editoriali, delle sue riviste e del suo ruolo nella cultura leccese, parlò per la prima volta in una sede universitaria nel 1971 Donato Valli nel suo saggio “La cultura letteraria nel Salento (1860-1950)”, quando Alvino era ancora in vita. Valli aprì la pista e, in un certo senso, sdoganò il nome di un personaggio altrimenti taciuto per i suoi trascorsi politici mai rinnegati. Dimostrò Valli che un discorso sulla cultura letteraria nel Salento non era possibile farlo senza dover fare i conti con tutti i suoi protagonisti, anche i più scomodi. Nel 1978 uscì lo studio di Ennio Bonea, sempre per restare nell’ambito universitario, “Subregione culturale. Il Salento”, in cui di Alvino si parlava come di chi agli inizi degli anni Trenta aveva scosso il sonnacchioso ambiente leccese. Più di recente ne hanno parlato Antonio Lucio Giannone e Gino Pisanò dell’Università del Salento e Ferruccio Canali dell’Università di Firenze.