Banchi 3. Entrare in classe: riprincipiare

di Daniele Lo Vetere

Ogni anno di più il mio nervosismo per la fase di riavvio tra il primo settembre e l’inizio delle lezioni va crescendo, in proporzione all’aumentare delle riunioni. La redazione di Ptof, Rav, Pdm ne ha esteso visibilmente il dominio. Potrei fare un conto preciso, calendari alla mano, non è solo un’impressione e una lagnanza. È una logica psicotica: più cerchi di controllare e organizzare, più ti accorgi che c’è altro che ancora sfugge, più sei costretto a controllare e organizzare. Lo so che non capita lo stesso in tutte le scuole, che qualcuno procede a braccio o se ne frega. Ma so perché sta capitando nella mia: abbiamo preso sul serio questa logica, convinti che sia volta al bene e al miglioramento.

Eppure, ogni anno di nuovo rientro in classe: e lì istantaneamente il nervosismo passa, tra la storia, la letteratura, i ragazzi e le ragazze. Posso tornare in una classe che già conosco o in una nuova, ma l’esperienza è sempre quella del riprincipiare. Uso questa parola e non altri sinonimi più comuni, perché contiene l’idea del “principiante”, condizione che mi pare sempre felicissima.

Quest’anno non si può dire che questo riprincipiare abbia la stessa felicità del passato, le preoccupazioni sono tante; ma, come scriveva Leopardi, la ragione è piccola, la natura è grande: per quanto la prima possa veder nero, la seconda ti sorprende sempre alle spalle. Come la realtà al di fuori dei calcoli, dei progetti, delle programmazioni. Come l’entrare in classe.

Questa voce è stata pubblicata in Scolastica, Zibaldoni e altre meraviglie, a cura di Enrico De Vivo e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

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