di Guglielmo Forges Davanzati
La FED ha annunciato una revisione dei suoi obiettivi, nel senso che al target inflazionistico sostituirà l’obiettivo del pieno impiego. E’ presto a dirsi se si tratta di una rivoluzione della politica monetaria, ma di certo è un radicale cambiamento di rotta con effetti sull’economia europea ed italiana. Tecnicamente si tratta di praticare una politica di bassi tassi di interesse finalizzata a far crescere gli investimenti e a tenere alto il tasso di occupazione. In più, la FED, nei fatti, smette di essere una banca centrale indipendente, dal momento che la politica monetaria viene ora co-gestita con la politica fiscale in vista del pieno impiego.
Soprattutto l’inflazione cessa di essere un tabu e viene gestita in modo più flessibile.
Quali sono i prevedibili effetti sull’economia europea? Il prevedibile aumento della domanda interna negli US dovrebbe accrescere le esportazioni europee, dal momento che maggiore occupazione implica più consumi anche di quella quota derivante da produzioni estere. Gli Stati Uniti tornerebbero ad essere la ‘spugna’ che risucchia i surplus commerciali del resto del mondo, in particolare di Cina e Unione Europea, in quanto suoi principali partners commerciali.
Il quadro diventa ulteriormente più chiaro se si considera che la politica fiscale è ormai espansiva su scala globale, contribuendo a determinare un aumento dei debiti pubblici su scala OCSE. Il combinato di maggiore spesa pubblica e minori tassi di interesse – soprattutto negli USA – dovrebbe indurre a un ripensamento delle regole che sono a fondamento dei Trattati europei.
Si tratta di regole che, alla luce dei fatti e dell’evidenza, non hanno ragione di essere, a maggior ragione in una fase di crisi e di intensa recessione. Ricordiamole: si tratta del vincolo del 6% all’espansione del rapporto deficit su prodotto interno lordo e del 60% alla crescita del rapporto debito pubblico su prodotto interno lordo.