Guerra e pace a Muro Leccese

di Francesco D’Andria


Muro Leccese: cratere attico a figure nere VI sec. a.C.

In questi ultimi anni l’Archeologia sembra quasi scomparsa dall’orizzonte, dopo la Riforma Franceschini dei Beni Culturali, che ha, di fatto, abolito le Soprintendenze Archeologiche; eppure ancora essa resiste, grazie all’entusiasmo ed alla passione di chi non si lascia scoraggiare, e, l’altro giorno, ne ho avuto una prova, recandomi a Muro Leccese. Sarà stato per l’ora mattutina di una bella giornata di Settembre, rinfrescata da un leggero vento di tramontana, ma, arrivando a Muro, mi sono sentito pervaso da una sensazione di benessere e di ottimismo. Mi aveva accolto Francesco Meo, archeologo presso la nostra Università, prima come collaboratore di Liliana Giardino la quale, dal 2000, ha dato inizio all’esplorazione di Muro. Ora, dopo tanti anni di impegno sul campo, egli dirige gli scavi in un’area di straordinario interesse scientifico e monumentale, in località Palombara, nella zona orientale dell’abitato antico; e qui avevo ritrovato una scena che mi ricordava i tempi del grande Progetto sull’archeologia del Salento, con i cantieri aperti a Cavallino, Otranto e Vaste, dove partecipavano decine di studenti, gli stessi che ora operano in tutta Italia, nelle Università, nelle Soprintendenze e nelle Società dei servizi per l’Archeologia.  Nell’estesa area di scavo a Muro, riconoscevo i volti, dimezzati dalle mascherine, di tanti allievi del Dipartimento, impegnati nelle attività di scavo che stavano portando alla luce le case di quella che era una delle principali città della Messapia, centro dominante di una vasta area che comprendeva anche l’abitato, più piccolo, di Vaste, il porto di Otranto, polo di scambi commerciali a controllo della Porta dell’Adriatico, e il grande santuario di Atena che, dall’alto degli scogli di Castro, guardava lo spazio marittimo fronteggiato dalla costa albanese e dalle isole greche.

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