Nell’ora blu con Maria Rosaria Cristaldi

Tuttavia, il collante, il leit motiv di tutta la raccolta può essere individuato nel discrimine perentorio e traumatizzante rappresentato dal distacco: dal paese, dagli affetti, dalle usanze, dalla terra del Sud. Un Sud che, almeno nelle brevi prose (pensieri più che racconti mi paiono) appare un po’ troppo ancorato ad abusati stilemi, come, ad esempio, nel brano Il rumore del mare («E così il commiato gli affetti e luoghi (sic), l’inchino al mare che tutto sa e tutto ricompone la sua voce unica irrinunciabile forma di vita possibile. L’abbraccio agli spasmi nodosi degli ulivi che affondano le radici in una terra così rossa che sembra impastata con il sangue di chi l’ha duramente lavorata» (p. 43)), che, peraltro, è presente in raccolta anche in una versione dialettale, Lu rusciu te lu mare, eponimo di una nota canzone in dialetto salentino, nella quale si palesano tutte le insidie connesse con la resa grafica del vernacolo.

Un Sud che, invece, in taluni passaggi in versi, a mio avviso i più persuasivi, si trasfigura in simbolo assoluto; non mero cronotopo ma dimensione totalizzante al di là del tempo e dello spazio, agognata epifania di sé e della propria condizione: «Riportami al Sud, nella luce che fiera e accecante ferisce. / Discendi nei sensi senza polvere / lungo un sentiero di nuvole e pianto. / Torna a riempirmi la fronte di alba e velluto.». Certamente apprezzabili queste accorate e ampie volute, emotivamente partecipate in contrastiva tensione con un «altrove di sguardi di luoghi di parole», con un «giro di boa» che l’ha «condotta a ingurgitare distanze d’asfalto», lontana da «mani piene di tutto, da una terra governata da forze ancestrali», o in altri versi nei quali è possibile cogliere evidenti echi letterari («Ho un cuore di pianto, un pianto antico» (p. 19)), alcuni riconducibili a noti poeti salentini, come, ad esempio, Bodini («Sangue senza argini s’infiltrava / in quell’ebbrezza di sguardi portati dal vento / dalla luce bianca di un Sud / che restituiva esistenza all’origine» (p. 23)) o Comi («Il fiato di madreperla del Sud rotola senza sosta / sui nostri corpi / a trattenere migrazioni di luce» (p. 39)). Ed è proprio in tali aperture che i versi della Cristaldi toccano esiti lirici non trascurabili, riuscendo a trasporre su un piano universale la propria personale vicenda, che, pertanto, diviene emblematica ed esemplare di una condizione umana e storica dolorosa e sofferta, ma non priva di generoso e speranzoso slancio verso il domani.

[“Presenza taurisanese” anno XXXVIII n. 8/9 – Agosto-Settembre 2020, p. 6]

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