Agosto è passato. In fondo è sempre e soltanto un giro di giostra, che finisce quando è appena cominciato, così rapido che nemmeno te ne rendi conto. E’ una parentesi che si apre e che si chiude stringendo un significante – vacanza – di cui con il passare degli anni gradualmente ti sfugge il significato concreto, applicato ad una situazione di realtà. Di solito il significato comincia a sfuggire l’anno successivo a quello dell’esame di maturità. Qualche volta si pensa che quella parola – vacanza- dovrebbe slargare gli orizzonti; invece tante volte li restringe, li costringe in panorami angusti, limitati al desiderio di una distrazione, di un’attrazione verso qualcosa di diverso, un luogo, un’esperienza, un tempo diversi. Fuori dall’abitudine, oltre i pensieri consueti, oltre i territori che si attraversano solitamente.
Agosto è la convinzione – o l’illusione?- che ci si possa sottrarre all’ordinarietà dell’esistere per avventurarsi in una dimensione straordinaria, che si possano introdurre elementi di digressione, di trasgressione, nel contesto definito, ordinato, coerente, spesso anche incalzante, stringente, della propria esistenza.
Si è convinti di questo – ci si illude di questo ?- fin quando agosto non finisce, all’improvviso. Come quel giro di giostra che si pensa possa durare quasi all’infinito e invece all’improvviso il cavalluccio che cavalchi immaginando sconfinate praterie s’impunta e non va più né avanti né indietro.
Allora si scende dalla giostra e si ritorna: a casa. Soffermandosi sulla soglia del proprio tempo. Con la valigia ancora in mano ci guardiamo intorno, e intorno in fondo è tutto come lo si era lasciato; ci guardiamo indietro, e indietro agosto è già sfumato, è una figura sformata e galleggiante nell’afa che opprime. Poi giriamo la chiave e apriamo la porta. Oltre la porta ci sono le storie vere, quelle che ci appartengono, quelle senza le quali non saremmo chi siamo. Oltre la porta ci sono i bilanci, ci sono i progetti, le serenità, le turbolenze, le speranze, gli affetti, la consistenza dei sentimenti, le passioni che durano.
Anche i sogni stanno oltre la porta: tutti i sogni ad occhi chiusi e ad occhi aperti.
Indugiano su quella soglia del tempo ci guardiamo ci guardiamo intorno, indietro, ci guardiamo dentro, ritroviamo l’equilibrio dell’esistenza, la coerenza tra quello che siamo e quello che vorremmo essere, quello che abbiamo e quello che desideriamo, che possiamo o non possiamo avere. Forse proviamo anche un po’ di nostalgia per quel tempo e quella parola tra parentesi, per quella distrazione, quella giostra, per la digressione, la trasgressione, l’attrazione per l’inconsueto, per quei giorni che si sottraevano alla cornice che contiene il disegno della nostra quotidianità, per quella sensazione di ritrovarsi in una condizione di fuga dalle battaglie frenetiche o pacate che ci coinvolgono ogni giorno.
Oltre la porta, dentro la casa, è rimasto ad aspettarci tutto quello che conta, tutto quello che ha una consistente sostanza, un significato profondo, che contrasta con la superficialità della vacanza.
Una superficialità che ha la sua bellezza, che però non può durare a lungo. Una bella superficialità che di tanto in tanto si rimpiange, forse proprio perché è durata poco.
Il primo di settembre comincia l’anno nuovo. Si ricomincia con le nostre storie di sempre, che ci appassionano perché sono nostre, perché verso quelle storie proviamo un grande affetto.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 30 agosto 2020]