Manco p’a capa 5. Colonizzare il pianeta B? Peccato che non ci sia

di Ferdinando Boero

There is no planet B (non c’è nessun pianeta B) dicono gli ambientalisti americani, e non solo. Ma per qualcuno c’è. Stephen Hawking, il famoso e compianto astrofisico, lamentò lo stato in cui stiamo riducendo il pianeta e si rese conto della insostenibilità del nostro stile di vita. Aveva ragione. Identificato il problema, propose una soluzione: colonizzare altri pianeti. Fu preso sul serio e la caccia agli esopianeti (pianeti al di fuori del sistema solare) ci ha permesso di trovare molti “posti”, nello spazio, con caratteristiche fisiche e chimiche simili a quelle del nostro pianeta: possibili pianeti B. Trovare la vita su altri pianeti è un altro sogno degli astrofisici, ma non si è ancora avverato. Non bastano condizioni fisiche e chimiche idonee alla vita come la conosciamo (inclusa la nostra), e neppure l’acqua, per rendere abitabile un pianeta. Ma facciamo un passo indietro. Nel racconto biblico il Creatore si innervosisce non poco per il nostro comportamento dissennato e decide di toglierci di mezzo con un diluvio universale. Poi ci ripensa. Chiama Noè e gli dice di costruire un’arca dove mettere la sua famiglia. Fa venire in mente la navicella spaziale che ci dovrebbe portare sul pianeta “promesso”, vero? Chiunque abbia scritto quel testo, oggi sacro a una parte degli umani, aveva ottime conoscenze di come funziona il mondo e aggiunse altri dettagli della storia. A Noè, infatti, viene detto di mettere una coppia di tutti gli animali sull’arca. Che significa? Semplice: la nostra specie non può vivere da sola, ha bisogno delle altre specie perché da esse dipende. Oggi sappiamo che non bastano gli animali per permetterci di vivere, ci vogliono come minimo le piante, ma sono necessari anche i funghi e i batteri e altri organismi microscopici che i biologi chiamano protisti. Questa grande varietà dei viventi si chiama biodiversità.

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