La memoria e il segreto della parola ritrovata

di Ketti Martino

Ci sono libri che “ti arrivano”, “ti arrivano” subito perché sembrano proiettare al di fuori di sé quel segreto (Maria Zambrano) a cui si approda solo grazie al faticoso processo di svelamento che la parola scritta consente. Così accade che il libro di Carmen Gasparotto, “Chiavi di riserva” (ed. Kappa Vu), non a caso scelga in epigrafe proprio un passaggio della Zambrano e che in ogni pagina, in ogni frase, quasi in ogni parola, dispieghi quell’imprescindibile, seducente, segno di “verità” e di quell’universalità che sempre si richiede all’Arte.

L’Autrice si confronta in maniera lucida, quasi spietata, con l’archetipo del Padre offrendo con generosità scorci della propria storia personale e, senza crogiolarsi nell’autobiografismo piangente bensì riproducendo un affascinante universo arcaico dove, come in una sorta di viaggio nel tempo e nel sé, affonda le mani nel rapporto dolente col genitore: si assiste a un “confronto”, un innocuo “corpo a corpo”, come osserva Antonio Errico nella postfazione, condotto con uno stile preciso, compatto, una scrittura che vola spesso per immagini rarefatte e illuminanti e che utilizza metafore dal sapore poetico.

La lettura stimola immediatamente empatia, scuote nel profondo, e ci conferma quanto e come possa risultare interessante riportare sulla pagina i pezzi più reconditi, delicati e scomodi della propria esistenza non tanto per esorcizzarli, quanto per illuminare e tenere viva la memoria nostra di persona.

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