di Luca Carbone
È sempre difficile, racchiudere in una definizione, in poche battute, le attività articolate lungo l’arco di una vita, e determinate da scelte e motivazioni complesse; ma lo è ancora di più quando queste attività sono state impegnate nell’introdurre innovazione, senza rinunciare ad un confronto costante con la propria migliore tradizione. Possiamo immaginare che il compito sociale dell’intellettuale (quando il singolo ne sia all’altezza, come nel nostro caso) sia proprio questo: mediare, essere ponte, collegamento, tra passato e futuro – dare spessore al presente. È un’immagine peraltro utilizzata da un autore molto caro al giovane Gianni Giannotti, Friedrich Nietzsche. A questi, al confronto tra la visione della storia di Nietzsche e di Marx, Giannotti dedicava un saggio giovanile, ma tutt’altro che acerbo (Crisi della filosofia. Filosofia della crisi; 1965).
Giannotti si era laureato in Firenze con lo storico della filosofia Eugenio Garin, ed aveva collaborato appassionatamente con lo storico Delio Cantimori. Nonostante la sua successiva, feconda, scelta, di impegnarsi nello studio delle scienze sociali, (supportata da un Master in Inghilterra dov’era in compagnia di quello che sarebbe diventato uno dei più importanti economisti del mondo, Samir Amin) – ed in particolare della sociologia americana, impegnandosi anche in numerose ricerche empiriche – Egli non ha mai interrotto il dialogo e il rapporto con le discipline storiche e filosofiche.
E questa notazione fa emergere un’altra delle polarizzazioni che caratterizza l’attività dell’intellettuale: il tentativo incessante di avvicinare teoria e prassi. Giannotti rifiutava (con solidi argomenti teorici) l’impegno nella “teoria per la teoria”, che troppo spesso, sotto l’apparenza di un atteggiamento olimpico e super partes, si presta a diventare esercizio di legittimazione dell’esistente; ed, al contempo criticava i limiti (sulla scorta anche di una visione politica della praxis) del crescente “decisionismo pragmatista”; che si basa su e riproduce e amplifica una visione meramente strumentale dei rapporti tra uomo e uomo.