di Walter Nardon
Si chiamava Carlo e lavorava alle poste. Se non fosse stato per due basette spropositate, la sua fama di persona seria sarebbe risultata pressoché invincibile, ma dato che nel taglio del viso e perfino nel colore dei capelli assomigliava impercettibilmente a Neil Young, aveva ceduto alla tentazione di approfittarne e quindi aveva adeguato a questa circostanza fortuita anche parte del suo guardaroba. Di solito chi tenta di trarre vantaggio da una somiglianza come questa sembra non accorgersi dell’incongruenza che porta con sé; ossia del fatto che, mentre Neil Young anche vestito di grigio rimane Neil Young, un impiegato del catasto vestito come lui, per quanto occasionalmente accompagnato sul posto di lavoro da una chitarra – riposta in fondo, vicino alla finestra, su apposito supporto – resta nella sua espressione un impiegato del catasto che parla, scrive e a volte perfino canta come un impiegato del catasto. Ma non è finita. Nonostante questa incongruenza, la cosa più inverosimile (e però concreta) è un’altra, ossia che in termini sociali la somiglianza, sia pure a un livello superficiale, raccoglie qualche consenso. Molti la apprezzavano: ad alcune donne, ad esempio, il nostro Neil piaceva. Così per chi come lui aveva qualche problema di relazione la somiglianza rappresentava quel che si dice un vantaggio competitivo. Certo, durava poco: dopo cinque minuti il vantaggio era già andato, ma c’è sempre chi sa accontentarsene. E Carlo, pur lavorando alle poste e non al catasto, era uno di questi. Così ogni mattina usciva di casa serissimo, ma bardato come un boscaiolo canadese.
Dovevo incontrarlo per più ragioni. Giovedì, andando a pagare il bollo della macchina, avevo dimenticato all’ufficio postale una busta con gli estremi di alcuni contratti pubblicitari. A dire il vero avevo subito chiamato per chiedere che me la tenessero da parte in modo da passare a riprenderla, ma lui si era precipitosamente offerto di riportarmela. Mi aveva chiesto che ci vedessimo al Bar Zeta Zeta, vicino al Teatro Zacconi alle diciotto, poco dopo la fine del suo turno. Non avevo tanta voglia di andarci perché non ero in vena di conversazione.