Aspettando il 700° anniversario della morte di Dante: conversazione con Luigi Scorrano

In questi settecento anni dalla morte di Dante si è detto tanto di lui e non solo in Italia, ma egli resta ancora una sorgente viva. Posto che in ogni autore o fenomeno culturale ci sia sempre qualche percorso inesplorato, in che direzione e per quali aspetti il dantismo oggi si potrebbe inoltrare?

Nella definizione di “sorgente viva” applicata a Dante, una simile immagine risulta effettivamente calzante. Il problema, Lei dice, è quello di chi o di quanto è venuto dopo, con quale prospettiva di futuro. Una caratteristica che sembra esclusivamente di Dante è quella, per così dire, di riciclarsi, di aver consegnato all’umanità un libro che da qualunque parte lo rigiri, ha sempre qualcosa da comunicare, da far scoprire. Il Settecento dalla sua morte non ha chiuso la bocca al poeta, la sua ne ha aperte molte altre: basti quella di G. B. Vico.  Ma si lascia innumerevoli segni della sua operatività e di coloro che ne hanno seguito l’orma. In un secolo così affollato si può sperare di trovare qualcosa di nuovo? Si esplorino un mucchietto di materiali che registrano pubblicazioni e distinguendo per selezionarli il vano, che non manca, si accorgerà del buono che sempre vi si trova.

La Commedia era già ai tempi di Dante un’utopia regressiva. Se tanto è vero, come mai ancora oggi è così attuale, a differenza di altre sue opere, come il Convivio o la Monarchia

La Commedia come utopia regressiva? L’autore ovviamente non condividerebbe la definizione visto che nel Convivio dice che siede alla tavola dei sapienti per raccogliere le briciole dei loro insegnamenti e socializzarle. Un’operazione, (di compartecipazione o di slancio caritativo) in favore di chi, non avendo continui e regolati studi potesse almeno captare quello che poteva sia pure saltuariamente e farsi, come si dice, una cultura. Ma in proposito, suggerisce qualcosa che colui che è o è definito un illuso, abbia una resistenza così durevole?

Lei ha ragione. Opere come il Convivio e il De vulgari eloquentia sono di grande prospettiva. Ma la visione dantesca della monarchia universale, quale esce anche dalla Commedia, in un secolo che vede già delinearsi le grandi monarchie nazionali, è rétro, non Le pare?

Una discussione sui temi della Monarchia, del DEV e altro richiederebbe un approfondimento  ampio  e non è questa la sede.

Fuori d’Italia, in quali paesi Dante è più letto e studiato? E c’è un motivo particolare?

Fuori del nostro Paese Dante è conosciuto, amato, studiato… Forse la distanza stessa provoca una maggiore attenzione. La fama dell’opera e dell’uomo può  paradossalmente costituire  motivo o uno stimolo a una curiosità verso questo ‘Monstrum’ detto Dante Alighieri. Poeti come, per fare un esempio, W. B. Yeats, lo hanno imitato e altri ammirato o intelligentemente imitato.

Lei ha dato tanto al dantismo salentino ed è stato collaboratore di Aldo Vallone in numerose iniziative scientifiche ed editoriali. Come ricorda e valuta questo Suo sodalizio?

La mia collaborazione con il prof. Vallone è stata un’esperienza umana molto proficua per il mio studio.

[“Presenza taurisanese” anno XXXVIII n. 7 – luglio 2020, p. 6]

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