di Antonio Prete
Lungo la strada, cataste di legna sotto la neve. Di là dal villaggio, salendo, boschi con acque e sentieri, con dirupi e radure. In alto, pinnacoli, torrioni, dorsi d’animali immensi. Creste, crinali, forcelle. Il volo del falco sopra i canaloni. E i ghiacciai che splendono contro il grigio del cielo. E’ la bellezza dell’inaccessibile: pietra e luce, pietra fatta luce. La lontananza si mostra come maestà: disegno e respiro della forma. Un velo, inatteso, mentre salgo, copre il paesaggio: sembra un pulviscolo che nuoti nell’aria. Un’astrazione. Un’estraneità appena suggerita che attenua e allontana la bellezza. Di qua dal velo un altro luogo, un’altra ora. Il frastuono delle cicale nel vespro, il mare che manda scintille in fondo al mantello degli ulivi. Il secchio appeso all’arco di ferro, sopra la cisterna. E il mondo, intero, in quella luce che divora gli alberi.