di Antonio Prete
Dimora naturale di Andrea Bajani (collezione di poesia Einaudi) è una corona di ottave, di cinquanta ottave. Ma si tratta di ottave che, rinunciando alla cantabilità della tradizione cavalleresca e al percussivo incantamento della rima, prendono nel loro ritmo, nella loro dizione, l’atonalità e la dissonanza della musica novecentesca. Sono musica di un pensiero che, trattenendosi sulla soglia dello stupore per le piccole apparizioni quotidiane – soprattutto animali –, vuole non disperdere l’emozione nel canto, ma trasformarla in una conoscenza, che è sottile percezione del proprio stare al mondo insieme con tante forme viventi e fruscianti e volanti: specie in mezzo ad altre specie, respiro tra respiri. In queste ottave, misurate e pensose e funambolesche insieme, abitano molti uccelli, o per presenza visiva o per rinvio metaforico, e per questo il punto di osservazione dall’alto, dal volo, il sogno della leggerezza, lo sguardo sulla miserevole essenza umana segnata dalla “caduta”, – che è caduta da un volo – sono le venature che traspaiono nel disporsi dei quadri quotidiani, osservati come da un balcone e su un balcone. E tutto questo nella discrezione di un meditare fatto di rapide incursioni immaginative, come è proprio nell’uso del verso. Con una sotterranea attitudine che riaffiora in improvvise belle figurazioni, e che consiste nel volere, per così dire, allucinare la soglia della differenza tra uomo e animale. E considerare quello che diciamo “umano” al di fuori dell’anamorfosi indotta dalla civiltà antropocentrica, vedere insomma nei soggetti umani “lo strazio vocale di ogni io”. Un decentramento dello sguardo, un fascino dell’elevazione e della levità, che fa venire in mente, certo, il leopardiano Elogio degli uccelli, e più in generale quell’avventura propria di una tradizione poetica che intende la lingua della poesia come resistenza alla fine dell’infanzia: una resistenza che cerca di accogliere, di quel perduto fiabesco mondo vivente, echi, sguardi, fantasmi. Senza rimpianto, ma trasformando il lontano incantamento in conoscenza fantastica.