Letteratura del Salento tra realtà e nostalgia

La letteratura salentina del Novecento sente nostalgia di tutto. Anche di quello che non è mai esistito. Anche dell’aspettato che non è mai venuto. Ha nostalgia dell’interminabile attesa che cambi il passo della Storia, che realmente accadano le cose “che non ebbero mai un cominciamento”.

Certe volte si ha perfino l’impressione che finga di avere nostalgia, e non si può escludere che si tratti di una giusta impressione.  Perché questo sentimento le serve a comprendere quelli che sono i significati essenziali del passaggio da un tempo ad un altro, da una condizione di esistere ad un’altra, da una dimensione personale e sociale ad una dimensione diversa che si va costruendo, che va cercando una identità.

Allora la nostalgia non è un rifugiarsi, o un nascondersi, nei luoghi e nelle storie del passato, un consolarsi con le sue vere o presunte certezze.

E’ un metodo per indagare il presente, per analizzarne i segni attraverso la comparazione con i segni del passato, per comprendere la reale portata di quello che accade e che determina rapide o lente, a volte impercettibili  mutazioni antropologiche. 

Il reale- immaginario di cui ventisette anni fa diceva Carmelo Bene, quella dimensione dell’essere alla quale ci si destina  è, probabilmente, una conformazione mentale che struttura e orienta il processo di conoscenza di chi affonda la propria origine in questa terra.

Non ci sarebbe neppure bisogno di dire che le forme, le espressioni, le tematiche costanti della letteratura salentina, costituiscano una naturale derivazione di quella tipologia di conformazione mentale, di quelle modalità con le quali si realizza il processo di conoscenza.

Poi è venuto un altro secolo. Ma nella letteratura salentina, il Novecento non è mai finito. Tanti, molti, sono gli elementi, le espressioni, i temi che permangono nella scrittura di questo secolo nuovo.

Forse la sola cosa che non è stata ripresa è il sentimento della nostalgia. Oppure le forme di quel sentimento. Forse perchè è cambiata la sostanza della nostalgia; è cambiato il senso della relazione soggettiva e collettiva con quello che c’era e che non c’è più; forse è cambiato il sentimento del tempo e quello che si prova per le cose che appartengono al tempo. Forse è cambiato il sentimento che proviamo per la terra nella quale affondiamo la nostra origine.

Probabilmente la letteratura salentina di questo secolo ha necessità di  sviluppare la configurazione di un nuovo reale-immaginario, forse integrando i molti significati che aveva la definizione di Carmelo  Bene,  forse rifondandoli, forse sostituendoli completamente, oppure  adeguandoli e calibrandoli a nuove visioni e forse anche a nuove missioni di scrittura, a nuovi impegni, nuovi orizzonti di senso.

Non siamo in grado di dire quali potranno essere i caratteri del nuovo reale-immaginario, e ancora meno siamo in grado di fare ipotesi e previsioni sulla consistenza degli esiti. Quello che possiamo percepire è che ci vorrà tempo. Decenni. Non solo. Ci vorranno energie di pensiero e di scrittura che nessuno di coloro che adesso contano più di vent’anni ha la possibilità di possedere.

Potranno farlo soltanto quelli che sono nati quando il Novecento sì è cronologicamente concluso. Potranno farlo soltanto i nuovi venuti: quelli che hanno  un pensiero diverso e quindi una diversa visione della realtà, un diverso immaginario, un altro concetto di creatività, di letteratura, di scrittura.

Potranno farlo quelli che avranno un altro sentimento della nostalgia e un altro modo di raccontarlo.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 28 giugno 2020]

Questa voce è stata pubblicata in Letteratura, Prosa e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *