di Ferdinando Boero
Un virus proveniente da animali selvatici contamina qualcuno in Cina, un sistema globale di comunicazioni distribuisce il contagio, i sistemi economici e sociali del pianeta sono sconvolti. Il tempo del coronavirus evidenzia l’importanza del sistema sanitario e della produzione di cibo; la rete informatica permette nuovi modi di lavorare, andare a scuola, informarci e divertirci. Intanto, il rallentamento delle attività concede spazio alla natura. Basta poco, soprattutto in mare. Se smettiamo di sfruttarle in modo dissennato, le popolazioni di pesci si riprendono rapidamente: ogni femmina produce migliaia di uova e le potenzialità di recupero sono enormi. La natura mostra segni di ripresa anche nei fiumi e sulle montagne. Si aprono ampi spazi all’ottimismo per lo stato dell’ambiente, ma si creano grandi apprensioni per l’economia. Possiamo permetterci di rispettare la natura? La sostenibilità, a parole presente in tutti i programmi politici, ha l’obiettivo di permetterci di mantenere il nostro benessere, senza distruggere le premesse che lo determinano. Ma dalle parole non si passa ai fatti.La sostenibilità non richiede di tornare nelle caverne ma, finalmente, di uscirne. Siamo ancora una specie che brucia combustibili, ferma all’età del fuoco. Possiamo fare di meglio! Vivere in armonia con la natura significa smettere di pensare di imporle le nostre leggi, soprattutto quelle economiche. L’economia deve rispettare le leggi della natura. Ne bastano due, e tutto diventa chiaro. Ecco la prima: tutte le specie tendono ad aumentare di numero. Obbediamo a questa legge sia con la demografia sia con l’economia. La seconda legge, quella del limite, fa da contrappeso alla legge della crescita, eccola: le risorse della natura sono limitate e, anche se tutte le specie tendono a crescere, non tutte possono farlo. Mantenere l’equilibrio richiede che non ci sia la crescita sproporzionata di una parte della natura: la parte sproporzionata siamo noi. La natura ha diversi modi per imporre la legge del limite. Uno è la fame: la carenza di risorse, magari dovuta a cambiamenti climatici e a sovrasfruttamento, fa morire una parte della popolazione. Poi ci sono le malattie: popolazioni troppo numerose favoriscono la diffusione di patogeni. E poi c’è la competizione che, nella nostra specie, si chiama guerra. Su chi scommettereste in uno scontro tra noi e la natura? Adattarci alle leggi della natura rappresenta una magnifica opportunità di inventare nuovi modi di produrre e consumare. Lo sviluppo tecnologico, economico e culturale deve andare verso la natura, e non contro. Ma questo deve invertire le priorità: le leggi della natura prevalgono su quelle sociali, e su quelle economiche. Quella che chiamiamo normalità è pericolosissima. La composizione delle task force ministeriali non vede la presenza di esperti di natura, e si cerca una normalità che non ci possiamo più permettere. Pare che la lezione non sia ancora sufficiente.
[“Focus”, luglio 2020]