di Luca Carbone
Dico subito che insieme ad un’iniziativa pur meritoria come quella di pubblicare una serie di interventi autorevoli (eccettuato questo), sulla “città che vorrei”; troverei funzionale un tavolo permanente tra i “portatori d’interesse”, come li chiama senza falsi pudori la Commissione Europea. Un tavolo dove si discutesse “carte alla mano” per la città che vorremmo; un tavolo al quale ci si confrontasse pubblicamente sulle necessità vere, o presunte tali, per la città tutta – e non per i singoli interessi privati o elettorali di Tizio e di Caio, o del gruppo dei Tizii e dei Caii. È solo un mito comodo che si possano programmare e pianificare interventi efficaci, se si hanno le “mani libere”; così si moltiplicano solo le emergenze. E le proposte portate al tavolo dovrebbero poi essere rese consultabili e votabili online su una piattaforma digitale. Chi s’illude che la politica possa ancora far leva a lungo solo sulla televisione e sui giornali come alle ultime europee, forse fa male i conti, non con l’anti-politica cosiddetta del momento, ma con il suo e nostro futuro.
Chiarito questo in generale, vorrei una città, in particolare proprio Galatina, con una maggiore e migliore attenzione ai trasporti pubblici. A cominciare da due cose all’apparenza banalissime e semplicissime – ma che paiono problemi da cronache marziane. La stazione dei treni di Galatina rischia se non proprio la chiusura un forte ridimensionamento. Questo peraltro già in atto da circa un anno, con la chiusura totale pomeridiano-serale della stessa. La seconda città del Salento, con quasi trentamila abitanti, una città d’arte, che ha la “fortuna” di trovarsi collocata sulla più frequentata direttrice turistica – quella Lecce-Gallipoli – e che vanta la più bella ed importante Basilica delle Puglie, oltre che i migliori pasticciotti della galassia – un polo quindi indispensabile per il turismo religioso e culturale e per la destagionalizzazione dei flussi turistici – è ovvio e chiaro come il sole che non ha bisogno di mezzi pubblici grazie ai quali poter essere raggiunta comodamente e rapidamente dalle schiere di turisti che si riversano a Lecce, per estasiarsi del finto barocco, delle sue quaranta chiese, quasi tutte e quasi sempre chiuse. Per inciso, e per non alimentare i già troppo feroci campanilismi, che tutti neghiamo a parole e tutti pratichiamo nei fatti, sarebbe utile anche a Lecce presentarsi come la prima tra le pari; e non come l’asso pigliatutto.