di Gianluca Virgilio
Ho sotto gli occhi Un paese da sfogliare con sottotitolo Cavallino di Lecce alla luce della ricerca sociale, Franco Angeli, Milano 2008, pp. 167, a cura di Sarah Siciliano, un volumetto agile edito nella Collana Scienze della Comunicazione diretta da Mario Morcellini e finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia. E’ il frutto di una collaborazione tra numerosi ricercatori e dottori di ricerca, soprattutto dell’Università del Salento, ed è stato realizzato nell’ambito della ricerca “Conoscere il patrimonio culturale per pianificare il territorio: gestione culturale ed economica dei beni”. I destinatari privilegiati di questo libro sono gli studenti universitari dei corsi di Sociologia, Comunicazione, Beni Culturali, Economia, le Pubbliche Amministrazioni, ed anche gli operatori delle politiche sociali e culturali e i professionisti della progettazione territoriale, com’è scritto in quarta di copertina; ma chiunque potrà leggerlo con interesse, perché rappresenta una buona occasione per capire come un paesino della nostra provincia venga considerato attraverso la specola della ricerca sociale. Chi voglia, poi, approfondire le cose, potrà avvalersi di un supporto web accessibile sul sito dell’editore: www.francoangeli.it.
Cavallino è un paesino della cintura periferica leccese (5 km circa dal centro del capoluogo), e, insieme alla frazione di Castromediano, conta poco meno di 12.000 abitanti, come si desume dal saggio di Carla Izzi dal titolo Popolazione, economia e cultura: una comunità tra passato e presente (pp. 21-48). In poco meno di trent’anni il paese passa da un’economia agricola ad una dei servizi, dal primario al terziario, mentre il secondario arranca o è addirittura inesistente, e questi cambiamenti sono accompagnati, nel giro di pochi anni, da un notevole cambiamento dell’assetto urbanistico. Viene rifatta la piazza, viene restaurato il Convento dei Domenicani, affidato in comodato d’uso all’Università del Salento per 50 anni, dove si insedia la Scuola di specializzazione in Archeologia e poi il settore Patrimonio Culturale: Conoscenza e Valorizzazione della Scuola Superiore Isufi (Istituto Superiore Universitario di formazione Interdisciplinare); nel 2003 si inaugura il Museo Diffuso, un’area archeologica messapica di 27 ettari diretta dal prof. Francesco D’Andria, ed altro ancora. Insomma, dal 1998 in pochi anni si spendono 2.000.000 (dico due milioni) di euro, col fine dichiarato di promuovere la cultura del territorio, in realtà per sistemare un altro tassello di quello che con troppa enfasi qualcuno ama chiamare il Grande Salento. Patron di questo progetto è l’onorevole Gaetano Gorgoni, “già sindaco di Cavallino per le ultime tre legislature, oggi vicesindaco con delega alle attività culturali, alle attività produttive e all’ambiente”, definito dalla curatrice del volume “degno erede di Sigismondo Castromediano”, di cui non a caso ha “ereditato il castello, dove vive con la sua famiglia” coltivando “l’amore per la sua terra e il desiderio di farla crescere” (Graffiti di comunità, pp. 99-100).
Ora che l’onorevole Gorgoni ci ha lasciato è il momento di valutare l’impatto che la sua opera ha prodotto sulla comunità di Cavallino. Ricordo che prima di lui sull’area archeologica era stato approvato un progetto di lottizzazione che avrebbe completamente cementificato un insediamento messapico di età arcaica, come purtroppo sta succedendo in troppi siti archeologici del Salento, senza che nessuno intervenga (ora c’è il Museo Diffuso); che il Convento dei Domenicani era cadente e che la Galleria del Castello Castromediano, con i suoi affreschi e le sculture del Seicento era invasa dai piccioni e rischiava di crollare. Tocca ora agli abitanti di Cavallino cogliere le opportunità che l’impegno culturale di Gaetano Gorgoni ha prodotto e, magari, continuare a lavorare con l’Amministrazione Comunale per tutto quello che ancora c’è da fare.